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Indice articoli

 

Mercurio da amalgama nei tessuti corporei: studi di autopsie umane

 

Barregard L, Sallsten G, Blohm, Haglind P, "Cadmio, mercurio e piombo nella corteccia renale della popolazione svedese", Environ Health Perspect, nov. 1999; 107(11):867-871

 

* Drasch G, Schupp I, Hofl H, Reinke R, Roider G, "Accumuli di mercurio nei tessuti umani di feti e neonati", Eur J. Pediatrics, 153 (8): 607-610, agosto 1994 (AY24)

 

* Müller RK, Drasch G, Grasemann F, Adang M, Roider G, Wowra D, "Confronto della concentrazione dei metalli pesanti cadmio, piombo e mercurio tra la popolazione di Leipzig e quella di Monaco: uno studio su campioni di organi umani", Gesundheitswesen 56(5):263-267 (1994) (BA5)

 

Drasch G, Gath HJ, Heissler E, Schupp I, Roider G, "Concentrazioni di argento in tessuti umani, correlazione con le otturazioni di amalgama ed altri fattori", J. Trace Elements in Medicine and Biology 9(2):82-87 (1995)

 

Eggleston DW, Nylander M, "Correlazione dell'amalgama dentale con il mercurio nei tessuti cerebrali", J Prosthet Dent, dic. 1987; 58(6):704-7

 

* Nylander M, "Il mercurio nelle ghiandole pituitarie dei dentisti", The Lancet, 22 feb. 1986 442 (N43)

 

* Nylander M, Friberg L, Lind B, "Concentrazioni di mercurio in cervelli umani e reni in relazione all'esposizione da otturazioni dentali di amalgama", Swed Dent J, 11:179-187, 1987 (KK10)

 

Schiele R, "Studi sul contenuto di mercurio nel cervello e nei reni in relazione al numero e alla condizione delle otturazioni di amalgama", Institute of Occupational and Social Medicine, University of Erlangen-Nurnberg, Symposium, "Punti di vista della medicina e dell'odontoiatria", Colonia, 12 marzo 1984.

 

Weiner J, Nylander, "Correlazione tra concentrazioni di mercurio negli organi umani e alcune variabili predittive", The Science of the Total Environment, 138(1-3) pp101-115, sett. 1993

 

(studi di biopsia)

* Willershausen-Zonnchen B, Simmermann M, Defregger A, Schramel P, Hamm G, "Il mercurio nella mucosa orale di pazienti con otturazioni di amalgama", Dtsch Med Wochenscher, 117 (46):1743-7, 13 nov. 1992 (AP34)

 

 

Diagnosi

 

Sui manuali di tossicologia si legge (ed è anche l’opinione dei più importanti tossicologi) che la diagnosi di intossicazione cronica da mercurio è fatta principalmente sulla base dell’anamnesi (che includa esposizione a fonti di vapori di mercurio) e della presentazione clinica del paziente, mentre i livelli di mercurio nel sangue e nelle urine non sono considerati essere indicatori accurati degli effetti tossici negli organi target. Infatti in occasione del disastro di Minamata, si verificarono casi di intossicazione cronica da mercurio nei quali i livelli di mercurio in sangue e urine erano spesso trovati essere “normali”. Nonostante questo le autorità sanitarie neozelandesi richiedono una concentrazione di mercurio nelle urine maggiore di 20 mcg/l perché possa essere presa in considerazione una diagnosi di intossicazione da mercurio.

 

I primi effetti dell'esposizione a lungo termine a vapori di mercurio sono non specifici. Inoltre i primi sintomi possono iniziare pochi giorni dopo l’esposizione (nel caso di un bambino di 3 anni per es.) o possono passare molti anni dall’esposizione iniziale perché gli effetti tossici si manifestino (Zamm, 1991).

 

Le otturazioni di amalgama costituiscono una fonte di esposizione cronica a bassissime dosi di mercurio, alla quale esposizione si possono aggiungere una serie di eventi che creano una sequenza di ripetute esposizioni acute che vanno ad esaltare gli effetti locali. Spesso solo dopo una lucidatura, o una rimozione d’amalgama, o subito dopo l’inserimento di una nuova amalgama il paziente intossicato subclinicamente esibisce manifestazioni cliniche evidenti (mal di testa, vertigini, palpitazioni, tremori).

 

Il terapeuta sarà attento a raccogliere questi indizi nella storia dentale del paziente e a trarne le conclusioni. Inoltre il contatto con oro può causare una situazione che va ad esasperare sia il rilascio di mercurio che le manifestazioni cliniche. Sintomi multipli, non specifici, con minimi segnali obiettivi possono causare grande difficoltà in questo tipo di diagnosi e perciò una verifica obiettiva di esposizioni potenzialmente pericolose è un importante criterio. Il terapeuta guarderà con particolare attenzione quei casi con elevato numero di otturazioni di amalgama.

 

 

Gli effetti del mercurio inorganico sul sistema nervoso sono non-specifici, cioè essi possono essere indotti da un gran numero di meccanismi” (National Institute of Health, USA 1992), per questo riconoscere i casi in cui c’è un’intossicazione cronica da mercurio richiede un notevole acume clinico del terapeuta, oltre che le necessarie conoscenze specifiche.

Molti diversi tipi di problemi di salute sono correlati con l’intossicazione da mercurio. Il mercurio ha una forte affinità per i gruppi sulfidrili incidendo così sull’attività biologica di molte proteine e enzimi. Molti aspetti della fisiologia e della salute possono essere affetti dal mercurio, tra cui il sistema immunitario, cardiovascolare, gastrointestinale, i cromosomi, ormoni e sistema nervoso (con sintomi sensoriali, motori o emozionali). Il terapeuta dovrà tenere bene in mente il quadro clinico del mercurialismo, descritto sui manuali di tossicologia:

 

“Danni del sistema nervoso, infiammazioni nel cavo orale, eventuali fenomeni renali (danni glomerulari) nel senso di accresciuta espulsione di albumina multimolecolare, mal di testa, vertigini, nervosismo, ridotta capacità di memoria, leggero tremolio delle mani, in seguito anche delle palpebre e della lingua, quadro distorto della scrittura, forte flusso della saliva, sapore metallico, formazioni ulcerose sulle gengive, arrossamento alla base della faringe, irritabilità, intolleranza alla critica, comportamento irascibile, insonnia, depressioni, iperattività della tiroide, paralisi bulbare, encefalopatia, debolezza dell’udito, perdita di autocontrollo, inappetenza, veloci diminuzioni di peso, diffidenza, timidezza, alopecia”.

 

La caratteristica sinistra del mercurio è che si tratta di un veleno molto lento, che le vittime si sentono solo un po’ giù di corda, che hanno sintomi che sembrano essere leggeri, facenti parte della condizione umana.

 

I sintomi di avvelenamento per inalazione cronica di vapori di mercurio si sviluppano gradualmente e perciò possono essere difficili da notare. Con l'eccezione del tremore, i sintomi sono spesso ignorati dalla vittima o sono attribuiti ad altre cause”. McNerney, 1979

 

 

 

 

 

 

 

 

Effetti tossici

 

Ora che è stato stabilito che vapori di mercurio sono continuamente rilasciati dalle otturazioni di amalgama (considerate dall’OMS la maggiore fonte di esposizione umana al mercurio), e ora che sono stati stabiliti gli organi target del mercurio rilasciato dall’amalgama, sia da studi su scimmie, pecore, topi, criceti e maialini, sia da autopsie umane, dobbiamo andare a valutare:

 

1. quali sono le possibili conseguenze fisiologiche e patologiche di tale esposizione al mercurio.

 

2. come riconoscere e diagnosticare i casi di intossicazione da amalgama

 

 

Nessuno affermerebbe che i soli individui colpiti da arsenico sono coloro nei quali può essere dimostrato che vi sia allergia. Eppure i sostenitori dell’amalgama sostengono che l’unica controindicazione dell’uso umano di amalgame dentali siano casi accertati di allergie, ignorando così che la dose tollerabile di mercurio è persino inferiore a quella dell’arsenico, cioè il mercurio è più tossico dell’arsenico e, anzi i tossicologi usano il superlativo, in quanto è il più tossico degli elementi chimici non radioattivi.

 

Scarsa considerazione da parte della professione odontoiatrica, impossibilità da parte dei dentisti di risalire, da 3 a 10 anni dopo l’inserimento di amalgama alla successiva eventuale intossicazione cronica a basse dosi di mercurio, e vaghe conoscenze del “mercurialismo” da parte della professione medica, insieme con l’assunzione per così lungo tempo in auge secondo cui l’amalgama è inerte, ha precluso la possibilità di diagnosticare questi casi e di riconoscere il problema.

 

Ora però abbiamo tutti gli elementi per riconoscere l’amalgama per quello che è, cioè un impianto che “perde” mercurio, che ad un certo punto può causare effetti tossici. A partire dagli inizi degli anni '80, la "diagnostica dell'intossicazione da amalgama" e la "terapia dell'intossicazione da amalgama" sono diventati permanenti elementi costitutivi dei seminari di perfezionamento odontoiatrico presso gli Ordini Odontoiatrici tedeschi.

 

Mentre nell’intossicazione acuta lo spettro delle manifestazioni patologiche è più prevedibile e meno ampio, nel caso di esposizione a piccole dosi prolungata per anni c’è una fase subclinica, c’è una sovrapposizione di più fattori, tra cui una progressiva diminuzione della capacità dell’organismo a disintossicarsi e un progressivo insorgere del contributo immunitario.

All'inizio, quando tutto funziona bene, il mercurio esce principalmente attraverso i seguenti canali di espulsione: cute, reni, fegato e intestino. All'inizio ci sono degli enzimi e metabolismi cellulari addetti allo smaltimento del mercurio. All'inizio il cibo fornisce tutti i micro–elementi essenziali perché tutto questo lavoro vada avanti.

 

I meccanismi di tossicità del mercurio sono diversi e paralleli, attraverso:

 

la tossicità renale

gli effetti tossici sul sistema cardiovascolare

le carenze indotte di zinco e magnesio

danni alla barriera ematoencefalica

la tossicità da metilmercurio

l’alterazione della flora batterica intestinale e proliferazione di candida

l’autoimmunità

le infezioni ricorrenti indotte dal carico di mercurio

danni alla fertilità

danni al DNA (controllo genetico della suscettibilità)

 

 

 

RENI

È noto da moltissimo tempo che qualsiasi esposizione al mercurio diminuisce la funzionalità renale, danneggia le cellule renali e l’accumulo di mercurio nei reni è in assoluto quello più rilevante che in ogni altro organo.

 

È grazie a questa conoscenza che l'uso dell'amalgama in pazienti con disfunzioni o malattie renali è stato limitato all'inizio del 1992 in vari paesi europei, ora anche secondo l'istituto superiore della Sanità (aprile 1999).

 

Una sollecitazione cronica da mercurio modifica, tra le altre cose, la produzione e secrezione di albumina (Schiele 1988, Joselow 1967, Selye 1970, Rodin 1992, Wisnierwska 1970). Ciò conduce ad una sindrome nefritica che può influenzare anche il decorso di infezioni (Friberg 1959, Kazanktis 1962). Le reazioni più gravi insorgono quando le cellule difensive corporee del sistema immunitario aggrediscono il mercurio depositandosi nelle cellule, distruggendo in questo modo lentamente i reni.

 

 

 

EFFETTI SUL SISTEMA CARDIOVASCOLARE

A piccole dosi, il mercurio provoca ipertensione (Tomera 1986). Nei muscoli (anche nel muscolo cardiaco) esso inibisce il calcio e ne prende il posto. In questo modo viene ridotta l’attività cardiaca.

 

Il mercurio può provocare arteriosclerosi e formazione di trombi nei vasi sanguigni (Shiraki 1977), aumenta la coagulazione e agglutinamento del sangue (Wierzbicki 1983), soprattutto nelle arterie coronarie (Carmignani 1989), quindi rapportandosi direttamente all’infarto cardiaco.

 

Dato che il mercurio è in grado di compromettere la conduzione nervosa elettrica per la funzione cardiaca, esso provoca disturbi del ritmo cardiaco (Kleifeld 1968).

 

In un confronto fra pazienti con e senza otturazioni di amalgama (Siblerud 1990), nei pazienti con amalgama si evidenziavano: aumento della pressione sanguigna, diminuzione della frequenza cardiaca, diminuzione dell’emoglobina, diminuzione dei globuli rossi, aumento dei dolori toracici, tachicardia, anemia ed affaticamento.

 

 

 

CARENZE INDOTTE DI ZINCO E SELENIO

Il mercurio va a rimpiazzare minerali con simili proprietà di cationi, quali zinco, selenio e magnesio, lasciando un composto quasi correttamente formato, ma dalla funzione compromessa.

 

Il mercurio si lega in modo essenziale più solido dello zinco alla proteina trasportatrice metallotionina, su cui si lega intracellularmente lo zinco, e la spinge fuori dalla cellula. Lo zinco è necessario per la maturazione e la funzione delle gonadi ed è inoltre un componente di più di 200 metallocoenzimi del corpo.

 

Il mercurio si lega notoriamente al selenio. A causa del ridotto rifornimento di selenio sono insorti stati ansiosi e depressioni. Quanto più bassa la percentuale di selenio, tanto più intensi erano gli stati d’ansia e le depressioni (Bernton 1991). È stato inoltre dimostrato che questi sintomi scomparivano laddove veniva somministrata una quantità sufficiente di selenio.

 

 

 

BARRIERA EMATOENCEFALICA

Nel mercurialismo l’insidia principale è forse che il mercurio introdottosi nel cervello ha un tempo di dimezzamento nel cervello 1000 volte più elevato rispetto ai restanti tessuti corporei.

 

Il mercurio non solo attraversa la barriera sanguigna del cervello, essendo lipido solubile, ma la danneggia compromettendone la funzione anche relativamente ad altre sostanze (alluminio, lieviti, etc.).

 

Nel cervello si è visto che il mercurio attacca i recettori di neurotrasmettitori e perciò inizia a dar luogo a manifestazioni psichiatriche o disturbi dell’umore. Nel cervello il mercurio riduce, inoltre, le quantità disponibili di litio e di cobalamina. A livello di tutte le cellule del sistema nervoso centrale, il danno immediato, diretto, del mercurio è da imputare alla sua azione elettrica perturbante (Brooks 1992).

 

Nei ratti a cui è stato somministrato mercurio si sono evidenziate le stesse modificazioni irreversibili del cervello umano che avvengono nei casi di Alzheimer (Haley 1996).

 

Una volta che Hg0 penetra nei tessuti è ossidato a ione divalente Hg2+. Poiché la forma ionica non può uscire fuori dopo questa trasformazione, il mercurio gradualmente si accumula nel cervello. In studi di autopsie umane è stata trovata una netta correlazione tra il numero di otturazioni dentali di amalgama e la concentrazione di mercurio nella corteccia occipitale e nell'intero cervello. È stato dimostrato che il mercurio si accumula in quantità particolarmente elevate alla radice del ganglio dorsale (rilevante nella sclerosi multipla), più che in altre aree del sistema nervoso (Schionning 1991).

 

Pazienti con una sollecitazione da mercurio mostravano una diminuzione della memoria a breve termine, comportamento ossessivo, stati ansiosi e malattie mentali (Unzell 1986). L’aspetto insidioso era qui la completa normalità dal punto di vista corporeo di questi pazienti. Su operai esposti al mercurio sono state riscontrate modificazioni neuromuscolari permanenti (Miller 1975). In queste malattie dovrebbero essere scrupolosamente analizzata l’assunzione di mercurio e suo accumulo. Altri sintomi annoverano tremore, perdita di memoria, disturbi visivi, cambiamenti d’umore, disistima, aumentata sudorazione e disturbi del sonno. Tutti sintomi che attualmente si tenta di trattare anche con metodiche psicosomatiche. Questi tentativi terapeutici sono tuttavia lunghi e non mostrano di solito successo senza la rimozione delle otturazioni in amalgama.

 

Il prof. Patrick Stortebecker, della Stortebecker Foundation, nel suo libro "Tossicità del mercurio da amalgama dentale, un pericolo per il cervello umano" (1985), descrive un quadro clinico che ci aiutano solo a capire la difficoltà nel riconoscere fare la diagnosi complessità di questi casi:

 

"Il sintomo preminente di intossicazione cronica a basse dosi di vapori di mercurio è una totale mancanza di ogni iniziativa a livello mentale (cui segue una stanchezza fisica). Mentalmente il paziente è incapace di iniziare qualsiasi tipo di nuovo evento, insieme con la sua incapacità a finire i precedenti progetti. Inoltre c'è una ingiustificata mancanza di sicurezza in sé stessi, manifestata nel comportamento come irrazionale timidezza, ansia, oltre ad una patologica tendenza all'auto-distruzione, che può portare a grave depressione. C'è una notevole perdita di memoria, specialmente a brevissimo termine. Un altro sintomo è la psicoastenia, con una incapacità nel risolvere dubbi o incertezze o incapacità di resistere a ossessioni, idee fisse, o fobie, anche quando uno sa che sono irrazionali. Molto caratteristico l'instabilità dell'umore, la lunaticità, con collera, che può essere rivelata da improvvisi scoppi di rabbia".

 

 

 

TOSSICITÀ DA METILMERCURIO

Il metilmercurio viene trasformato parzialmente da batteri del tratto digerente nel temutissimo metilmercurio (molto più tossico del mercurio elementare, che poi viene assorbito quasi completamente e accumulato nel tessuto adiposo e nel sistema nervoso centrale.

 

 

 

ALTERAZIONE FLORA INTESTINALE e PROLIFERAZIONE CANDIDA

Candida albicans è una delle specie più resistenti al mercurio nella flora batterica intestinale (Yannai, 1991). Candida albicans può trasformare in 44 ore, 6 ng di mercurio in metilmercurio, a partire da 2 mcg di Hg2+ (Rowland (1975).

 

Avere otturazioni dentali di amalgama e, quindi, essere esposti cronicamente al rilascio di basse dosi di mercurio, alimenta direttamente Candida albicans, un lievito sempre presente nell'intestino, ma che muta nella forma virulenta e si estende ad altri tessuti non appena le circostanze gli sono favorevoli, e che prospera sui metalli pesanti.

 

La presenza di otturazioni dentali di amalgama produce, inoltre, una immunosoppressione, una minore capacità di difesa dei linfociti e macrofagi, e questa è la condizione in cui la candida può estendersi più facilmente ai diversi tessuti dell’organismo, dal cavo orale ai piedi, alle unghia.

 

Secondo un numero crescente di specialisti, la presenza di otturazioni di amalgama pregiudica ogni tentativo di risolvere il problema della candidosi sistemica. Ecco cosa dice il dr Dietrich Klinghart, docente di neuralterapia negli USA: "Quando i metalli pesanti sono rimossi e chelati dall’organismo, c’è un ridimensionamento dei lieviti”.

 

I funghi e i lieviti sono noti per le capacità di legare metalli pesanti: per questo vengono impiegati, sia a livello industriale che nelle miniere, in modo da legare argento, oro e altri metalli e facilitare una buona resa di estrazione.

 

 

 

AUTOIMMUNITA’, IPERATTIVAZIONE ANTICORPI SPECIFICI

L’effetto del mercurio sul sistema immunitario può avvenire su diversi livelli:

 

1. Hg aumenta la produzione di IgE non specifici (Prouvost-Danon, 1981), cioè la tendenza dell’organismo ad asma e allergie.

 

2. Il mercurio, e i metalli in genere, possono inoltre provocare allergie specifiche, cioè l’organismo sensibilizzato crea anticorpi specifici al metallo (Stejskal 1994).

 

3. Il mercurio può inoltre provocare reazioni autoimmunitarie. Il mercurio, ma anche il nichel, il berillio o il cadmio inducono, in una frazione di popolazione suscettibile, nefriti da immunocomplesso per esempio o altri quadri patolgici collagenosi. Il mercurio è stato correlato a sclerosi laterale amiotrofica, sclerosi multipla, morbo di Chron.

 

Nella sclerosi multipla è stato osservato che attraverso la rimozione non appropriata (senza misure di protezione) e l’applicazione di otturazioni in amalgama posso essere provocate peggioramenti patologici. Lo stesso vale per le situazioni di stress. È risultato che in circa il 76% degli ammalati insorgeva un miglioramento o una guarigione a seguito della rimozione in amalgama nel rispetto delle misure di protezione e all’assenza di nuove sollecitazioni (Rybicki 1993).

 

4. Sulla base della sua elevata affinità con gruppi reattivi (gruppi sulfidrilici soprattutto, cioè con lo zolfo, ma anche gruppi idrossilici alogeni e amminogruppi), il mercurio può modificare, inibire o stimolare funzionalmente singoli componenti o cellule del sistema immunitario.

 

Per fare un esempio, il mercurio agisce sul sistema enzimatico CD26, richiesto per digerire la caseina del latte. Dunque crea intolleranza alimentari, allergie agli alimenti.

 

 

 

INFEZIONI RICORRENTI

La tossicità del mercurio a livello cellulare è stata descritta per molti tipi di cellule. Un tipo di cellule sono i macrofagi, di cui il mercurio mette in pericolo sia la sopravvivenza, che la funzionalità fagocitante, che la funzione di migrazione (Christensen 1996). Non c'è alcuna quantità di mercurio che possa essere ritenuta innocua sotto questo punto di vista; tale tossicità avviene anche quando la concentrazione di mercurio è più bassa di quella che causa manifestazioni patologiche clinicamente rilevabili.

 

Eggleston ha dimostrato la reversibilità di questa immunosoppressione a seguito della rimozione di otturazioni di amalgama e ciò è stato riscontrato in molti altri studi di rimozione pubblicati, nei quali sono coinvolti oltre 40.000 pazienti.

 

Ecco le analisi sui linfociti T di un paziente prima e dopo la rimozione di denti con amalgama:

(Davies, 1992)

11 luglio 1985

 

T-11 40%

T-4 15%

T-8 13%

B-1 9%

17 luglio 1985

 

78%

56%

26%

18%

 

 

Gli intossicati da amalgama dentale hanno una storia clinica di immuno-soppressione con infezioni ricorrenti ed incapacità a riprendersi (Zamm 1991, Siblerud 1990).

 

Lindvall (1988) ha dimostrato che la presenza a livello cellulare del mercurio deprimeva l’attività dei linfociti nei casi di infezioni croniche di Epstein-Barr. Secondo le sue osservazioni di laboratorio l’azione immunodepressiva del mercurio era il fattore più importante nello sviluppo di queste infezioni croniche.

 

Omura (1995) ha dimostrato che i siti di diversi tipi di infezioni (Chylamydia trachomatis, herpes simplex I e II, Cytomegalovirus ed altri microrganismi) coincidevano con accumuli di metalli pesanti come Hg e Pb. Le infezioni ritornavano a fiorire anche dopo cure prolungate di antibiotici.

 

La disintossicazione con agenti chelanti specifici portava alla contemporanea rimozione degli accumuli di metalli pesanti e delle infezioni associate. In pratica, si concludeva in questo studio c’è un meccanismo per cui i microrganismi patogeni, usando Hg e Pb, si difendono da antibiotici che altrimenti sarebbero efficaci, e comunque i depositi di metalli pesanti in qualche modo rendono gli antibiotici inefficaci.

 

Christensen (1996) esaminò il corso dell’infezione con e senza esposizione al mercurio ha rivelato un aumento della replicazione e disseminazione del virus durante i primi giorni dell’infezione, indicazione questa che i primi meccanismi di difesa non specifici erano colpiti. Una singola dose di 20 microgrammi di mercurio aggravavano l’infezione, e anche ripetere la stessa dose o usare dosi più elevate non intensificava l’infezione.

 

 

 

FERTILITA’ e DNA

81 donne che lavoravano presso dentisti che utilizzavano amalgama, mostravano una maggiore frequenza di disturbi del ciclo e aborti rispetto ad un gruppo non sollecitato (Sikorski 1987). Anche assistenti dentistiche che lavoravano presso un ambulatorio in cui veniva usata amalgama (Rowland 1992) mostravano una diminuzione del 50% della percentuale di fertilità.

 

Secondo gli studi di Gordon (1981), la percentuale di aborti era tre volte maggiore nelle dentiste, i parti mostravano maggiori difficoltà e la mortalità post-natale era più elevata. Gli stessi risultati si sono evidenziati in esperimenti su animali, in cui gli animali sono stati sottoposti ad una sollecitazione da mercurio. Nelle scimmie una esposizione al mercurio ha provocato una diminuzione del numero di nati vivi, sebbene non fossero osservabili manifestazioni da intossicazione (Burbacher 1987)

 

L’esposizione al mercurio ha provocato ipermenorrea (flusso mestruale più intenso), cicli irregolari e aumento dei dolori mestruali (Mikhailova 1971). L’ovulazione non aveva luogo e la produzione di cellule- uovo non fertili aumentava del doppio nelle donne esposte al mercurio (Panova 1974).

 

La fertilità viene influenzata dall’influsso del mercurio sulla tiroide. Il mercurio si deposita facilmente in essa, inibendone la funzione (Trahtenberg 1974). Presto insorgono danni irreversibili. Ciò è tanto più grave in quanto la tirossina della tiroide materna è di importanza vitale per il cervello e il sistema nervoso del frutto del concepimento (Elkins 1985).

 

L’endometriosi viene da molti considerata una malattia autoimmune. Essa è una nota causa di sterilità, con il 40% dei casi (Gleicher 1987). Poiché il mercurio notoriamente influenza l’ipofisi, la corteccia surrenale e al produzione di progesterone nonché il ruolo di queste ghiandole nell’ambito della regolazione ormonale corporea (Lamberti 1976), viene analizzata l’assunzione di mercurio dalle otturazioni in amalgama e l’influsso sulla malattia dell’endometriosi (Ziff 1987).

 

La metà dei problemi di sterilità nell’uomo è condizionata da difetti nello sperma. In Gran Bretagna, dal 1938, sono in commercio composti del mercurio come spermicidi (Eastman 1944). Nello sperma sono state osservate elevate concentrazioni di metalli pesanti (Skandhan 1984). Molti metalli pesanti sono mangiatori di zinco.

Lo zinco è massicciamente presente nello sperma e una sua carenza comporta una diminuzione sia della quantità di sperma che della motilità degli spermatozoi (Mohamed 1986). Per esperienza sappiamo che la fertilità di un uomo è limitata laddove il 25% del suo seme risulta essere modificato.

 

Il mercurio inibisce la produzione degli acidi nucleici dello sperma (Lee 1975). Il DNA è portatore dell’informazione ereditaria. Risulta altresì inibita la sintesi di RNA (Takeuchi 1970).

 

IL MERCURIO RAGGIUNGE I SITI DI CONTROLLO DELLA SUSCETTIBILITÀ GENETICA (Druet 1982).

 

Il mercurio provoca mutazioni puntiformi sui portatori dell’informazione ereditaria. Esperimenti su animali hanno mostrato che probabilmente è questo il motivo per cui la fertilità maschile viene limitata (Lee 1976).

Nello sperma troviamo anche il selenio (We 1989). Laddove la scorta corporea di selenio diminuisce, sono i testicoli a conservarne in modo privilegiato le riserve (Behen 1982). Il mercurio si deposita nei testicoli, legandosi la selenio. Una inavvertita sollecitazione industriale con mercurio, protrattasi per otto ore, ha provocato un’impotenza protrattasi poi per numerosi anni (Kuntx 1982 , Mc Farland 1978).

 

Ecco la natura dell’attacco del mercurio! Gli esperti di sismologia tanto più temono un movimento tellurico quanto più profondamente nella crosta terrestre questo è stato generato. Il mercurio, il più tossico degli elementi non radioattivi noti all’uomo, nella scala dei valori equivale ad un terremoto con l’epicentro più profondo che sia possibile avere.

 

 

 

 

Quali analisi?

 

Alcune persone sono più suscettibili di altre all’esposizione al mercurio. Quali analisi usare per evidenziarlo?

 

 

PATCH TEST

La procedura del patch test, cioè mettere un cerotto sulla pelle e verificare eventuali reazioni locali dopo 48 ore, è largamente diffusa per accertare allergie ai metalli odontoiatrici (si chiama “TEST EPICUTANEO, serie metalli odontoiatrici”), tra le sue limitazioni quella più pesante è che fornisce falsi negativi (cioè non c’è reazione locale nonostante la persona è suscettibile immunologicamente al mercurio).

 

Per chiarire meglio ciò, è opportuno spiegare che il patch test è capace di produrre sintomi sistemici nonostante un responso negativo localmente.

Cioè la pelle riesce a mediare immunologicamente e tossicologicamente dei meccanismi sistemici (mal di testa, o vetgini , o stati alterati dell’umore, stacnhezza, etc..), nonostante localmente non ci sia manifestazione rilevabile.

 

La manifestazione clinica dell’allergia a livello locale dipende dal raggiungimento di esposizioni ad elevate concentrazioni del metallo allergizzante. L’organo immunitario della cute è strutturato in modo ottimale per condurre il confronto immunologico con sostanze estranee.

 

D’altro canto, una reazione alalergica è attivata a numerosi livelli, non solo quello cutaneo. Le mucose del tratto respiratorio e digerente sono strutturate per andare a costituire uno scomparto del sistema immunitario che favorisce reazioni immunitarie sistemiche. Nel contatto di cute e materiali metallici insorgono su una sede circoscritta concentrazioni metalliche relativamente elevate, mentre il processo del rilascio di metalli da impianti odontoiatrici, che si protrae per anni è legato ad una bassa concentrazione locale ad un’attivazione non certamente mediata dallo scomparto immunitario cutaneo.

 

 

 

MELISA TEST

Il test MELISA è il più sensibile e riproducibile di una famiglia di test (LTT) che si basano sul rilevamento di un’attivazione di linfociti specifici a metalli mediata nel sangue dalla presenza anche di piccolissime quantità (milionesimi di grammi).

 

Questi test si basano sul principio immunologico che dopo il primo contatto del sistema immunitario cellulare con gli antigeni estranei, questi vengono classificati come intollerabili e presentati al sistema immunitario attraverso linfociti specifici (con cellule antigeniche di memoria) che persistono per anni e sono quindi in grado di identificare specificatamente l’antigene e innescare una catena di eventi ad un rinnovato contatto. Uno degli step di questa catena di eventi è l’utilizzo di H3-timidina, dalla cui percentuale di incorporazione deriva l’indice di stimolazione (IS) che viene riportato in grafico.

 

IS compresi tra 2 e 3 sono considerati positivi con riserva. Quanto più a lungo nel tempo risale il contatto con l’antigene, tanto più bassa risulta la proliferazione ad un nuovo contatto, poiché il numero di cellule di memoria nel sangue periferico diminuisce in modo graduale. Non sono infrequenti IS >5, cioè siamo in grado di quantizzare la risposta allergica nel sangue da soggetto a soggetto.

 

 

 

MINERALOGRAMMA

L’analisi del capello (mineralogramma) è ora sempre più accettato come utile indicatore di esposizione a lungo termine ai metalli tossici e inoltre riflette eventuali carenze di minerali essenziali. Bassi livelli di minerali essenziali quali il selenio, zinco, magnesio (coinvolti nella difesa dall’opera putrefattiva dei radicali liberi) possono essere un’indicazione di esposizione cronica a basse dosi dei vapori di mercurio dell’amalgama. Il range di mercurio nei capelli di individui esposti al mercurio varia di solito tra 0.1 ppm e 0.4 ppm. Il valore di 0.4 ppm non viene generalmente superato, anche quando il paziente è esposto ad una fonte notevole di esposizione cronica (Zamm, 1991). Inoltre, il mercurio nei capelli può essere considerato indicativo solo dell’esposizione negli ultimi 30 giorni. Anche qui alcuni autori hanno ipotizzato che davanti a casi di elevata esposizione e assenza di mercurio nei capelli si debba sospettare di intossicazione.