AIPO Associazione Italiana Periti Odontotecnici
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Intossicato dalla protesi all’anca: cromo e cobalto nel sangue

Cromo e cobalto in concentrazioni superiori alla norma nell’impianto ma nessuno se ne accorse per mancanza di controlli.
Raccontano la verità................?
Sono anni e anni che se ne parla.................................

 

Intervento chirurgico (foto di repertorio)

Firenze, 6 maggio 2023 – Usl Toscana Centro condannata dal Tribunale Civile a risarcire (23.878 euro) un 70enne per responsabilità da ritardato richiamo, o follow up alla sorveglianza sanitaria dell’uomo, portatore di protesi di anca MoM impiantata nel 2005.
Negli anni la protesi rilasciò nel sangue del paziente cromo e cobalto: presenza, pericolosità e potenziale lesività dei due metalli vennero accertate solo nel marzo 2019 dopo esami ematici e radiologi. Disposti sì dall’Azienda sanitaria, ma in sensibile ritardo: i controlli doveva essere effettuati almeno a partire dal 2014. Da quando cioè – ha stabilito il giudice – la Comunità medica rese noto, e ufficiale, il rischio di rilascio di sostanze tossiche per i portatori di protesi MoM. Il controllo ritardato evidenziò valori di cromo e cobalto "ben superiori alla soglia di normalità". Erano stati rilasciati dalle parti di cui si componeva la protesi all’anca. Ciò ha causato la metallosi, un danno da usura eccessiva della protesi con infiltrazione di detriti metallici. E postumi irreversibili, permanenti. Calcolati nel 20% della originaria integrità psicofisica.
Causa intentata dopo un mancato accordo in sede di conciliazione. Niente problemi diagnostici, di intervento, di prognosi. Né di responsabilità del produttore della protesi: problematica e pericolosità non erano conoscibili alla data della operazione. Né di Usl per l’utilizzo d’un prodotto difettoso: l’Azienda sanitaria non sarebbe stata imputabile. La responsabilità Usl affonda nel lungo periodo trascorso senza ‘richiami’ del paziente. "Ciò avrebbe permesso una sostituzione tempestiva della protesi e un’incidenza molto più limitata di cromo e cobalto" spiega l’avvocato Nicola Boschi che ha rappresentato in giudizio il settantenne. Rispetto alla richiesta iniziale di 98 mila euro, il giudice ha fissato in 59.866 il danno complessivo, patrimoniale e non. Ma "del danno (e del 20% di postumi, ndc) Usl può essere ritenuta responsabile al 40%. Il rimanente 60% sta in quella protesi. Nell’imponderabile. Da qui la minor somma risarcita" conclude il legale.
Il problema non è il richiamo, la vera causa è il materiale che non è adatto, è tossico e radioattivo di per se....................
Sono anni che ne parla Rosario Muto, sono anni che ha la soluzione per ogni tipo di protesi, di oggetti che vanno internamente e esternamente al corpo. A questi non interessa la/le persone sane, questi vogliono i malati o i morti.