Studio
sull'aderenza tra un metallo a base nobile e una vetroceramica
Studio
condotto presso:
European
Commission
Ing. Luigi Paracchini,
Joint Research Centre (JRC), Institute for Health
and Consumer Protection
(IHCP) via e. Fermi, n 1, 21020 Ispra (Varese)
Autori:
Ing.
Paracchini
Odt. Rosario Muto, via XXV Aprile,
2 - 59100 Prato
Per
gentile concessione della rivista "QO" QuintessenzaOdontotecnica
n.5 2001, edita da: Resch Editrice s.r.l.
Parole chiave:
aderenza, metallo, base nobile, vetroceramica
Scopo del
presente lavoro è stato quello di valutare, mediante analisi
strutturali (microscopia ottica a riflessione, test d' adesione
e microdurezze di tipo Vickers) l'aderenza tra un metallo a base
nobile (Au 45%, Pd 39%, Ag 6%, Ga 1.5% e In 8.5%), trattato secondo
un protocollo ben preciso mediante un prodotto a base vegetale (TTSV.GEL)
necessario a ri-cristallizzare e ad eliminare gli ossidi interni
e superficiali, e una vetroceramica (Creation).
Introduzione
La scelta delle leghe metalliche per uso odontoiatrico
è stata sempre condizionata da fattori inerenti all' uso
delle stesse in un ambiente aggressivo, come quello del cavo orale.
La preferenza è caduta sulle leghe a base aurea[1,2], essendo
l'oro un metallo molto stabile e scarsamente attaccabile. Le esigenze
tecniche legate alla realizzazione di protesi dentarie hanno costretto
i produttori di leghe metalliche ad associare all'oro altri metalli
come il platino, sostituito in alcuni casi dal palladio perché
meno costoso, argento, indio, iridio, gallio, e addirittura ferro
e rame in varie percentuali. Questi elementi alliganti hanno la
funzione di attribuire caratteristiche alla lega, come il colore,
la durezza, l'innalzamento del punto di fusione e la formazione
di nuclei di cristallizzazione per la formazione di un reticolo
cristallino stabile e compatto. Purtroppo c' è il rovescio
della medaglia. Alcuni dei metalli impiegati come l'argento, il
gallio, ma soprattutto il rame e il ferro, elementi caratteristici
delle leghe di qualità scadente, ossidano fortemente durante
il processo di fusione, di raffreddamento e di saldobrasatura. La
formazione degli ossidi avviene sia in superficie, che in profondità,
limitando in qualche maniera la corretta formazione del reticolo
cristallino, creando così non pochi problemi durante le fasi
di lavorazione di un manufatto sotto tutti gli aspetti, come quelli
della rifinitura e della rettifica di precisione, della saldobrasatura,
del legame metallo vetroceramica[3-7], quest' ultimo influenzando
negativamente l' aspetto estetico. Secondo quanto riportato in una
ricerca condotta per conto del CNR pubblicata nel Settembre 1996,
gli ossidi sono il presupposto per i fenomeni di corrosione mediante
il rilascio di ioni potenzialmente tossici, e di fenomeni elettrogalvanici
responsabili di corrosione.
Ritornando al problema del legame metallo vetroceramica,
la letteratura scientifica internazionale ha proposto parecchi lavori
che hanno cercato di focalizzare le loro attenzioni a proposito
delle caratteristiche chimiche e fisiche all' interfaccia metallo
vetroceramica[8-13]. Pochi però hanno fornito indicazioni
precise sui meccanismi dell' adesione e soprattutto sui metodi da
utilizzare per ricavare dati significativi[14].
Si parla di pseudo diffusione o legame di Van der
Waals, quando la separazione tra substrato e deposito avvengono
ad una distanza di pochi atomi. Per una distanza così limitata,
non si può parlare di formazione di un vero e proprio strato
di diffusione o di legame chimico tra i due materiali. Al più
si ha la formazione di uno strato molto limitato in cui i difetti
e gli stress sono confinati. Generalmente, quando si ha questa struttura
dell' interfaccia, i valori d' adesione che si riscontrano sono
molto bassi. Nel caso della formazione di un vero e proprio legame
chimico con relativa formazione di un composto intermedio, "interlayer",
l' adesione potrebbe trarne dei sostanziali benefici (tolti i casi
in cui lo strato intermedio che si forma è di natura fragile).
Osservando la relazione sopra descritta si può notare come
l' inevitabile presenza di stress all' interfaccia, e il metodo
usato per la misura complichi, non di poco la ricerca di un valore
dell' adesione. Le strutture presenti all' interfaccia tra il substrato
e il deposito possono essere essenzialmente di tre tipi e si avrà
una struttura piuttosto che un' altra secondo i materiali in gioco
e le tecnologie di deposizione impiegate. L' Adesione Pratica
è quella che è effettivamente misurata, quella Teorica
è il massimo valore ammissibile, funzione della natura dei
materiali e del tipo di legame che s' instaura. La relazione che
lega AP ad AT, è semplicemente:
AP = AT SI ± ESM
SI è lo stress interno ed ESM è l'
errore specifico del metodo di misura. In generale, in ogni metodologia
impiegata per la misura dell' adesione sarà sempre AP<<AT.
L' adesione[15-16], così come riportato da "American
Society for Testing and Materials (ASTM)", può essere
definita come "lo stato in cui due materiali sono tenuti insieme
all' interfaccia da forze che possono essere di natura chimica,
elettrostatica, o di Van der Waals". In letteratura, le energie
specifiche di legame vanno, in modo tipico, da valori intorno a
1E-21 joule per i legami di Van der Waals fino a valori di 1E-18
joule per i legami covalenti e ionici. L' adesione è suddivisa
in Adesione Teorica (AT) e Adesione Pratica (AP).
Nello strato intermedio potrebbero sfogarsi gli
sforzi dovuti alla rottura del reticolo cristallino, e alla differenza
tra i coefficienti d' espansione termica. La creazione di un interlayer
in cui il substrato e il deposito interagiscono gradualmente è
auspicabile per quei materiali che dovranno subire lavorazioni ad
alte temperature, in cui la differenza tra i coefficienti di dilatazione
termica potrebbe indurre rilevanti stati di sforzo. Anzi, lo spessore
di tale stato intermedio dovrebbe essere di una misura sufficiente
a rendere controllabili gli sforzi. Al contrario, dove si potrebbero
formare degli interlayer deleteri, bisognerebbe pensare ad una barriera
di diffusione. L' aggrappaggio meccanico si ha quando il processo
di formazione del film non consente d' ottenere la creazione di
un legame chimico, o di uno strato di diffusione. Per favorire questo
tipo di legame si è soliti attivare mediante irruvidimento
la superficie del substrato, cosa che porta ad aumentare l' area
d' aggrappaggio del deposito, e quindi ad aumentare l' adesione
dello stesso.
Nella meccanica della frattura di un deposito vetro
ceramico su un substrato metallico, si evidenziano due fasi distinte,
caratterizzate da precisi valori di sforzo:
innesco della frattura con la relativa energia
necessaria
propagazione della frattura e relativa energia
necessaria.
L'innesco della frattura dipende dalla presenza
e dalla concentrazione dei difetti all'interfaccia, i quali a loro
volta dipendono dalla natura dei materiali, dal processo di deposizione
e dalla presenza d' impurità. La propagazione della frattura
dipende essenzialmente dalla struttura e dalla natura dei materiali
all'interfaccia. Se la rottura e il distacco del deposito ceramico
dal substrato avvengono all'interfaccia, si parlerà di frattura
adesiva, se la rottura avviene all'interno del deposito si parlerà
di frattura coesiva. L'eliminazione d' impurità e d' inquinanti
all'interfaccia è un fattore di principale importanza per
migliorare l'adesione. Nei processi di deposizione, con i quali
i depositi sono formati ad alte temperature, la pulizia del substrato,
pur non essendo così critica come per i processi di deposizione
a bassa temperatura, riveste un ruolo molto importante.
Esiste una vasta scelta di test per la misura dell'adesione,
ma nessuno di questi può essere considerato il migliore in
senso assoluto. Ogni test ha un suo campo d' applicazione caratteristico.
Possiamo affermare che, in generale, un buon metodo per misurare
l'aderenza dovrebbe possedere i seguenti attributi:
essere non distruttiva;
fornire risultati quantitativi;
essere facile da eseguire e interpretare;
essere riproducibile nel tempo;
fornire una misura di aderenza che possa essere
posta direttamente in relazione all' applicazione cui il sistema
è destinato;
essere economica.
Nelle applicazioni industriali in cui è
richiesta certificazione e conformità alle normative per
la totalità della produzione, come nel campo biomedicale,
dovrebbe essere ricercato un metodo non distruttivo per il controllo
della qualità. Tale metodo dovrebbe essere inserito in linea
al sistema di produzione, essere affidabile, automatizzabile, integrato
con altri mezzi d' ispezione e possibilmente economico. Un tale
metodo consentirebbe di monitorare costantemente la produzione e
inoltre, agendo in retroazione, permetterebbe di tarare e preparare
il processo con migliore efficienza e tempestività. Per quanto
riguarda la determinazione dell'aderenza dei depositi ceramici di
interesse biomedico, non esiste un test non distruttivo che abbia
i requisiti sopra citati. Così la verifica della conformità
deve essere compiuta su ogni lotto di produzione, secondo stime
statistiche, estraendo, testando e conseguentemente distruggendo
di volta in volta una parte della produzione.
Scopo del presente lavoro
è stato quello di valutare, mediante analisi strutturali
(microscopia ottica a riflessione, test d' adesione e microdurezze
di tipo Vickers) l'aderenza tra un metallo a base nobile (Au 45%,
Pd 39%, Ag 6%, Ga 1.5% e In 8.5%), trattato secondo un protocollo
ben preciso mediante un prodotto a base vegetale (TTSV.GEL) necessario
a ri-cristallizzare e ad eliminare gli ossidi interni e superficiali,
e una vetroceramica (Creation).
Materiali
e metodi
Sono state preparate sedici piastrine a forma di parallepipedo dalle
uguali dimensioni (lunghezza 25 mm, larghezza 10 mm e altezza 1.5
mm) mediante la lega Gold Alloy E Orodent CE 0546 composta da oro
al 45% in peso, da palladio al 39% in peso, da argento al 6% in
peso, da gallio all' 1.5% in peso e da indio all' 8.5% in peso.
La fusione del metallo è stata eseguita con la fonditrice
FASE 1600 P capace di utilizzare un doppio sistema: sottovuoto e
a pressione. Dopo raffreddamento della fusione a temperatura ambiente,
si è provveduto all' asportazione del rivestimento refrattario
necessario a pre formare il campione.
Il trattamento termico successivo alla fusione,
condotto in forno KDF MASTER SPRINT 120, è stato eseguito
alla temperatura di 950°C per 10 minuti in atmosfera ed è
servito per l' apposizione del prodotto a base vegetale TTSV.GEL
con un suo protocollo ben preciso, necessario alla ri-cristallizzazione
e all' eliminazione degli ossidi interni e superficiali. Il
protocollo di ceramizzazione mediante ceramica CREATION è
stato applicato seguendo le istruzioni della casa produttrice per
ognuna delle sedici piastrine pretrattate mediante irruvidimento
della superficie esterna.
La valutazione del legame d' adesione tra il metallo
di base e la vetroceramica è stata eseguita mediante tre
test di resistenza a trazione, tre test di resistenza a taglio ed
infine tre test di resistenza a flessione (fig. 1) utilizzando una
macchina di tipo meccanico/idraulico (SHENCK TREBEL modello Zwick
1448). Un computer, in dotazione alla macchina, ha permesso di estrapolare
il legame sforzo/deformazione.
Dalle prove effettuate
si è potuto ricavare il valore della forza massima di distacco
della vetroceramica. Una volta calcolata, per tutti i provini, la
forza massima, la resistenza dello strato vetroso espressa in Mega
Pascal (MPa) è risultata facendo il rapporto tra la forza
massima e l' area sulla quale questa forza è stata applicata.
Da tutti i test meccanici svolti, si è così potuto
ricavare il valore medio dello sforzo e la relativa deviazione standard.
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Test di flessione |
Test di taglio |
Test di trazione |
Fig.
1: Schema dei provini impiegati per le prove meccaniche.
Le parti in blu rappresentano i controprovini, mentre le
parti in grigio rappresentano i provini ceramizzati.
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Per poter valutare la resistenza a trazione, a taglio e a flessione
dello strato vetroso cotto sul metallo di base, si è reso
necessario l' utilizzo di controprovini. Questi ultimi, realizzati
in acciaio inossidabile AISI 316 L (austenitico a basso tenore
di carbonio), sono stati preparati superficialmente mediante sabbiatura
con allumina (granulometria 200 m m pressione 2 bar). La sabbiatura
è stata utilizzata al fine di creare microritenzioni superficiali
necessarie all' incollaggio tra i provini ceramizzati e i controprovini.
Prima dell' incollaggio, i controprovini sono stati lavati in
bagno ad ultrasuoni con acetone.
Successivamente è stato effettuato un lavaggio in bagno
ad ultrasuoni con acqua bidistillata e come ultima operazione
l' eliminazione completa di acqua bidistillata è stata
ottenuta sempre mediante un bagno ad ultrasuoni con alcool etilico.
L' incollaggio tra i provini e i controprovini così preparati,
è stato condotto applicando un sottile strato di colla
epossidica monocomponente a bassa viscosità (araldite AV
119â della Ciba-Geigy), successivamente polimerizzata a
120°C per 40 minuti in una normale stufa alla pressione atmosferica.
Le analisi condotte attraverso l' uso del microscopio ottico a
riflessione, un LEICA DMRME, si sono rese necessarie al fine di
valutare, in modo dettagliato, l' aspetto cristallografico della
zona d' interfaccia tra lo strato vetroso e il metallo di base.
Due dei sedici campioni ceramizzati, sono stati
usati per la preparazione dei provini metallografici sui quali,
in una seconda fase del lavoro, sono state scattate quattro fotografie
a 1000 ingrandimenti. L' ottenimento, e la successiva analisi
dell' aspetto dell' interfaccia tra il metallo di base e la vetroceramica,
è stato possibile inglobando (esecuzione mediante resina
epossidica polimerizzata alla temperatura di 180°C per 15 minuti)
e lucidando a specchio con carte abrasive e paste diamantate i provini
scelti in precedenza. Il supporto sia all' analisi condotta mediante
il microscopio ottico a riflessione sia ai test d' aderenza, è
stato fornito dalle prove di microdurezza di tipo Vickers (HV),
condotti con un microdurometro LEICO.
Il carico utilizzato
per tutti i test è stato di 2.942 N e, ai fini di una corretta
significatività sui valori medi ottenuti dalle prove, sono
state effettuate cinque impronte. L' indagine HV è stata
condotta utilizzando i campioni metallografici precedentemente predisposti
per l' analisi strutturale, ed ogni impronta delle cinque fatte,
è stata ottenuta ad una distanza tale da evitare ogni tipo
d' artefatto proveniente dalla misura precedente. La valutazione
HV ha considerato quattro aspetti: l' indagine della durezza del
metallo di base, l' indagine dell' adesione metallo vetroceramica,
l' indagine della durezza dello strato vetroso intermedio ed infine
l' indagine della durezza della vetroceramica. Tuttavia il test
HV condotto all' interfaccia tra il metallo di base e la vetroceramica,
interessando l' aspetto dell' aderenza, è stato ripreso in
seguito dalle prove meccaniche.
Risultati
La valutazione strutturale,
condotta attraverso la microscopia ottica a riflessione, ha permesso
di individuare l' aspetto cristallografico dell' interfaccia tra
lo strato vetroso e il metallo di base. I provini preparati per
essere osservati al microscopio ottico, non hanno subito alcun attacco
chimico, fonte di possibili artefatti sia nel metallo di base sia
nello strato ceramico.
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Provino (A) |
Provino (B) |
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Provino (A) |
Provino (B) |
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Fig. 2: aspetto
strutturale dei campioni A e B ottenuto a 1000X. |
Le quattro fotografie rappresentate in fig. 2 (provino A
e provino B) rivelano la presenza di zone di colorazione
differente all' interno del deposito vetroso. Le gradazioni
di colore che virano tra il grigio chiaro, il grigio scuro,
il ciano e il marrone sono indice delle masse stratificate
durante l' apposizione vetrosa e necessarie all' operatore
al fine di ricreare quelle tonalità naturali che
contraddistinguono il dente. Il metallo di base, nelle fotografie
raffigurato dal colore bianco grigiastro, mostra evidente
la rugosità superficiale prodotta durante la fase
della mordenzatura e la totale assenza di strati ossidati,
indice questo del positivo effetto del prodotto di origine
naturale TTSV.GEL, apposto durante la fase del trattamento
termico dopo fusione. L' analisi delle fotografie mette
inoltre in risalto l' ottima interfaccia esistente tra la
base metallica e il deposito vetroso.
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Fig.
3: grafico riassuntivo delle prove di microdurezza HV. |
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Impronta HV nello
strato ceramico intermedio (1000X) |
Impronta HV nello
strato ceramico esterno (1000X) |
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Impronta HV all'
interfaccia tra il metallo e la ceramica (500X) |
Impronta HV all'
interfaccia tra il metallo e la ceramica (1000X) |
Fig. 4: impronte HV negli strati ceramici e all' interfaccia
tra il metallo di base e il deposito.
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I risultati, rappresentati dal grafico di fig. 3, ottenuti dai
test di micruderezza HV, hanno fornito importanti informazioni
in supporto alle analisi strutturali. La durezza HV del metallo
di base, è di circa un terzo inferiore rispetto alle durezze
HV dello strato vetroso. Inoltre nello strato vetroso vi è
una differenza poco rilevante, circa 50 HV, ma che dimostra come
differenti colorazioni presenti nello strato sinterizzato sul
metallo di base sono indice di materiali diversi in caratteristiche
chimiche e fisiche.
Il supporto delle microdurezze HV, oltre ad essere servito per
individuare un comportamento differente lungo la sezione trasversale
del campione ceramizzato, ha contribuito nello studiare il legame
all' interfaccia tra il metallo di base e la ceramica. Nella fig.
4 sono state riportate delle fotografie nelle quali è possibile
osservare due aspetti. Uno è legato all' impronta, l' altro
all' analisi di propagazione della cricca nella giunzione tra
il metallo e la vetroceramica.
Per quanto riguarda, l' aspetto delle impronte nello strato ceramico,
l' analisi fotografica non mostra elementi significativamente
rilevanti. Al contrario, dall' esame dettagliato delle due fotografie,
una a 500 e l' altra a 1000 ingrandimenti, scattate sulle impronte
HV all' interfaccia metallo vetroceramica, si può affermare
che l' ottima adesione tra i due elementi fa si da non permettere
che nessuna crepa nasca e si propaghi.
I risultati delle prove meccaniche di taglio, di trazione e di
flessione sono stati raccolti e rappresentati graficamente in
fig. 5. Per ogni gruppo di prove sono stati ricavati, analizzati
e raffigurati i singoli risultati dai quali si è potuto
calcolare il valore medio e la relativa deviazione standard.
Fig. 5: grafico riassuntivo delle
tre tipologie di test effettuate sullo strato vetroceramico. |
Il primo dato rilevante emerso dai risultati
dei test d' adesione è stato l' ottimo comportamento della
vetroceramica se sottoposta a sforzi di trazione, rispetto per esempio
alle sollecitazioni di taglio. Altro dato interessante, emerso dai
risultati ricavati dai test meccanici, è stato l' alto valore
della deviazione standard rispetto ai dati medi. Questo particolare
aspetto dovrebbe far riflettere nel senso che usando la stessa tecnica
di preparazione della vetroceramica, usando gli stessi materiali,
usando lo stesso forno di cottura, è possibile ottenere
provini dalle caratteristiche chimiche e fisiche molto differenti,
e questo naturalmente possono comportare quelle discrepanze sostanziali
rispetto ai valori medi. Il discorso della deviazione standard rispetto
ai valori medi meno coinvolge il test di flessione che, è
certamente una prova spesso usata per verificare l' aderenza vetrosa,
ma che poco si presta a fornire all' operatore un valore preciso
di come lo strato ceramico aderisca al metallo sottostante.
Osservando visivamente i provini dopo le rotture
provocate dai test meccanici si è potuto formulare importanti
considerazioni in supporto a quelle già esposte. La ceramica
sottoposta a sollecitazioni di trazione resta completamente adesa
al supporto metallico, tranne in qualche piccola isola dove, al
contrario, è avvenuto il distacco. Viceversa, per quanto
riguarda la sollecitazione di taglio, a causa della tipologia del
provino, la ceramica si è invece completamente distaccata
dal metallo sottostante.
L' indagine condotta invece sui provini sollecitati
da forze di flessione ha coinvolto solo la parte centrale, nella
quale è stato possibile osservare delle cricche nello strato
ceramico, nate dopo l' applicazione del carico. Il discorso intrapreso
a proposito dei test di piegamento, su com' è difficile quantificare
un valore d' aderenza di uno strato ceramico se questo è
sottoposto a sollecitazioni di flessione, trova riscontro nell'
indagine visiva, dove l' unico dato rilevante è la presenza
delle crepe superficiali.
Conclusioni
Certamente,
l' insieme dei test strutturali ottenuti mediante microscopia ottica
a riflessione, microdurezze di tipo Vickers e test di meccanici
d' adesione, si sono rilevati utili al fine di coprire ampiamente
tutto quanto legato allo studio dell' aderenza di uno strato ceramico
sinterizzato su un supporto metallico. Risultato molto interessante
è stato l' aspetto dell' interfaccia tra la vetroceramica
e il metallo di base, frutto del prodotto di origine naturale TTSV.GEL.
Le microdurezze HV hanno fornito importanti risultati in supporto
alle proprietà chimiche e fisiche sia del metallo di base
sia della vetroceramica. Inoltre hanno permesso di studiare il comportamento
all' interfaccia tra il deposito vetroso e il supporto metallico.
Globalmente
i tre tipi di test meccanici d' adesione messi a punto ed impiegati,
si sono dimostrati utili per studiare l' effetto del carico in funzione
della deformazione dello strato vetroceramico. I test di flessione
sono gli unici dei tre test che non sono stati in grado di fornire
precise informazioni su come aderisca uno strato ceramico al materiale
di base. Al contrario i test di trazione, e ancor più quelli
di taglio, si sono rivelati fondamentali nello studio delle caratteristiche
meccaniche della vetroceramica. Qualche appunto va fatto nei confronti
dei test di trazione. Le analisi visive dei provini dopo test, mostrano
chiaramente come ci sia stato un distacco del controprovino senza
che vi sia stato uno scollaggio della ceramica (salvo in piccole
zone). Ciò detto trova una spiegazione nel fatto che molto
probabilmente la superficie della ceramica preparata per ricevere
la colla non è stata adeguatamente attivata, con una conseguenza
nell' abbassamento della capacità di legame tra colla e ceramica,
legame necessario al fine di strappare dal substrato lo strato vetroso.
I risultati nell' insieme ottenuti sono stati buoni ma fine a loro
stessi. Un criterio più approfondito, come per esempio quello
del confronto tra vari materiali di base, tra differenti vetroceramiche
e considerando tecniche di preparazione diverse, potrebbe certamente
fornire risultati scientificamente più interessanti. Proprio
in questa direzione ci stiamo muovendo nei nostri laboratori.
Ringraziamenti
Si desidera
ringraziare Marina ROMOR per la parte fotografica, Sergio COLPO
per il supporto ai test meccanici e alle microdurezze HV e Giuliano
PARACCHINI per la realizzazione meccanica dei controprovini.
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