AIPO Associazione Italiana Periti Odontotecnici
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 Rosario Muto

Metalli pesanti, ioni metallici?
Hai fiducia delle istituzioni?

Schiuma, liquami, batteri, metalli pesanti e tetracloroetilene: i fiumi d’Irpinia, da simbolo della terra dell’acqua a ricettacolo di veleni e testimoni di impunità.
https://www.orticalab.it/Schiuma-liquami-batteri-metalli-pesanti

Dalle acque rosa ai metalli pesanti del sabato, ai batteri del Fenestrelle; dalle cloache dell’Ufita al mercurio dell’ofanto: i fiumi irpini sono malati. Il divieto di pesca e di utilizzo delle acque è pressochè generalizzato. Le denunce si moltiplicano, ma gli autori del disastro restano impuniti. Depuratori spesso ko, manca un progetto concreto di risanamento.

AGOSTO 2021 Di Flavio Coppola

Da emblema della ricchezza della terra dell’acqua a sversatoio indiscriminato e indisturbato di veri e propri criminali. I fiumi d’Irpinia riflettono, all’ennesima potenza, il livello assolutamente disastroso di inquinamento di una terra non più sana, in cui l’equilibrio ambientale è pesantemente compromesso e le conseguenze si riverberano negativamente e palesemente sulla salute dei cittadini.
Ieri, l’ennesima denuncia degli ambientalisti del comitato per la Valle del Sabato ha riacceso i riflettori sullo sconcertante spettacolo fornito periodicamente dal corso d’acqua: in località Mulino, a Prato Principato Ultra, della schiuma biancastra e maleodorante ha fatto capolino sulle acque. Proprio dove, tempo addietro, si era registrata la terrificante moria di 20.000 pesci. Eppure le condizioni del fiume, che bagna l’omonima Valle e arriva nel Sannio, sono note da tempo anche agli inquirenti. Alcuni dei dati più clamorosi, nel settembre del 2019, furono inviati anche al prefetto di Avellino e al ministro dell’Ambiente. Le analisi del laboratorio “Gamma” rivelarono inquinamento da Mercurio, tensioattivi anionici, e elevate concentrazioni di fosforo. Sempre nel Sabato, l’Arpac ha rivelato ancora Mercurio in concentrazioni superiori 12 volte al consentito, e una serie di metalli quali rame, zinco e nichel. Quindi, i batteri fecali, gli escherichiacoli. Non è un caso che le acque, in alcuni punti e per effetto di scarichi che per qualche emotivo non si riesce ad individuare, diventano talvolta marroni, talvolta rosa, talaltra si coprono di schiuma.
Nel Sabato, come in molti altri corsi d’acqua irpini, è non a caso vietato l’utilizzo delle acque e c’è il divieto di pesca. Ma questa condizione scandalosa e pressochè ignorata dai sindaci e dai livelli politici istituzionali superiori accomuna molti altri fiumi d’Irpinia. Ed è tutto già emerso con chiarezza da tempo.

Stesso divieto e stesso vergognoso degrado nell’affluente che attraversa i 4 grandi comuni di Atripalda, Avellino, Mercogliano e Monteforte: il “Fenestrelle”. Dalle ultime analisi dell’Arpac, comunicate dalla Provincia all’inizio di quest’anno ai Comuni, il fiume del parco e dei mulini si presenta alterato a causa di forti valori di Azoto Ammoniacale ed Escherichiacoli. Una cloaca a cielo aperto, dunque. E nella comunicazione, la Provincia sospendeva pure «eventuali diritti già assentiti alla derivazione dal Rio Fenestrelle per uso irriguo e zootecnico, nonché per uso domestico, fino al rientro dei valori nei limiti di legge». Nella nota, si faceva riferimento anche all’origine dell’inquinamento, «con buona probabilità, dovuto alla presenta di scarichi in alveo non autorizzati». Eppure, il divieto persiste, ma i colpevoli non si trovano.

Il lungo elenco degli scempi nelle acque dei fiumi irpini prosegue verso la Valle dell’Irno, nell’ormai famoso torrente “Solofrana”. L’affluente del Sarno, reputato il fiume più inquinato d’Europa, in base ai monitoraggi eseguiti sui 16 punti indagati nel 2017, e riportati nell’indagine di Legambiente “Buone e cattive acque”, per 10 non raggiungeva una qualità sufficiente, con uno stato "scarso" per 4 punti e uno stato "cattivo" per altri 6. Esalazioni nauseabonde, acque scure e schiuma, con un’origine probabilmente riconducibile agli scarichi abusivi nel fiume Sarno, ma comunque in molti punti in pessimo stato.

Persino l’Ofanto, che nasce tra i monti tra Torella e Sant’ Angelo dei Lombardi, segnando da est a ovest il confine orientale dell’Irpinia, è salito recentemente agli onori – si fa per dire – delle cronache. L’Arpac, nel 2019, ha confermato una preoccupante presenza di Mercurio, dopo un controllo effettuato tra l’area industriale di Morra De Sanctis e l’invaso di Conza della Campania. Anche qui, era scattata l’allerta con i Comuni vicini e la girandola dei divieti. Pure qui, Procura immediatamente informata.

L’Ufita, invece, si è segnalato nel 2020 per una moria di pesci e per la presenza, nel punto in cui i fiume incontra il torrente Fiumarella, di acque putride e schiumose e con affioramento di alghe. Sempre nel 2020 venne stabilita la presenza di reflui industriali e di tetracloroetilene.

Era diventato addirittura un caso nazionale, nel 2012, il fiume Calore. Trentanove sindaci del beneventano erano stati rinviati a giudizio per disastro ambientale perché la metà degli scarichi erano finiti nei corsi d’acqua senza essere depurati. L’inquinamento riscontrato risultò 1000 volte superiore al consentito. Con un rischio di Salmonellosi che fu ritenuto altissimo.

Batteri e scarichi selvaggi anche nel fiume Isclero, tra la Valle Caudina e il Sannio. A denunciarli, più volte inascoltato, il consigliere comunale Giuseppe Mainolfi: da fiume della vita a cloaca a cielo aperto. Anche qui, con batteri e metalli pesanti. Secondo il consigliere, erano stati evidenti anche le responsabilità delle industrie locali.

Tra depuratori fuori uso, veri e propri fuorilegge e imprenditori senza scrupoli, muoiono i fiumi d’Irpinia. Le denunce e le iniziative di sensibilizzazione, come quelle del Meet Up pentastellato, coordinato da Giovanni Varallo, sono centinaia. Quest’ultimo ha sollecitato più volte le istituzione, finanche sul caso dei fiumi tombati di Avellino, come il Rio San Francesco. Le indagini dei carabinieri restituiscono di tanto in tanto qualche arresto, ma la sensazione, tanto dal punto di vista della repressione quanto da quello delle politiche di risanamento, è che si proceda al ralenti. Ma il disastro corre veloce.
que rosa ai metalli pesanti del Sabato, ai batteri del Fenestrelle; dalle cloache dell’Ufita al mercurio dell’Ofanto: i fiumi irpini soDalle acque rosa ai metalli pesanti del sabato, ai batteri del Fenestrelle; dalle cloache dell’Ufita al mercurio dell’ofanto: i fiumi irpini sono malati. Il divieto di pesca e di utilizzo delle acque è pressochè generalizzato. Le denunce si moltiplicano, ma gli autori del disastro restano impuniti. Depuratori spesso ko, manca un progetto concreto di risanamento.

AGOSTO 2021 Di Flavio Coppola

Da emblema della ricchezza della terra dell’acqua a sversatoio indiscriminato e indisturbato di veri e propri criminali. I fiumi d’Irpinia riflettono, all’ennesima potenza, il livello assolutamente disastroso di inquinamento di una terra non più sana, in cui l’equilibrio ambientale è pesantemente compromesso e le conseguenze si riverberano negativamente e palesemente sulla salute dei cittadini.
Ieri, l’ennesima denuncia degli ambientalisti del comitato per la Valle del Sabato ha riacceso i riflettori sullo sconcertante spettacolo fornito periodicamente dal corso d’acqua: in località Mulino, a Prato Principato Ultra, della schiuma biancastra e maleodorante ha fatto capolino sulle acque. Proprio dove, tempo addietro, si era registrata la terrificante moria di 20.000 pesci. Eppure le condizioni del fiume, che bagna l’omonima Valle e arriva nel Sannio, sono note da tempo anche agli inquirenti. Alcuni dei dati più clamorosi, nel settembre del 2019, furono inviati anche al prefetto di Avellino e al ministro dell’Ambiente. Le analisi del laboratorio “Gamma” rivelarono inquinamento da Mercurio, tensioattivi anionici, e elevate concentrazioni di fosforo. Sempre nel Sabato, l’Arpac ha rivelato ancora Mercurio in concentrazioni superiori 12 volte al consentito, e una serie di metalli quali rame, zinco e nichel. Quindi, i batteri fecali, gli escherichiacoli. Non è un caso che le acque, in alcuni punti e per effetto di scarichi che per qualche emotivo non si riesce ad individuare, diventano talvolta marroni, talvolta rosa, talaltra si coprono di schiuma.
Nel Sabato, come in molti altri corsi d’acqua irpini, è non a caso vietato l’utilizzo delle acque e c’è il divieto di pesca. Ma questa condizione scandalosa e pressochè ignorata dai sindaci e dai livelli politici istituzionali superiori accomuna molti altri fiumi d’Irpinia. Ed è tutto già emerso con chiarezza da tempo.

Stesso divieto e stesso vergognoso degrado nell’affluente che attraversa i 4 grandi comuni di Atripalda, Avellino, Mercogliano e Monteforte: il “Fenestrelle”. Dalle ultime analisi dell’Arpac, comunicate dalla Provincia all’inizio di quest’anno ai Comuni, il fiume del parco e dei mulini si presenta alterato a causa di forti valori di Azoto Ammoniacale ed Escherichiacoli. Una cloaca a cielo aperto, dunque. E nella comunicazione, la Provincia sospendeva pure «eventuali diritti già assentiti alla derivazione dal Rio Fenestrelle per uso irriguo e zootecnico, nonché per uso domestico, fino al rientro dei valori nei limiti di legge». Nella nota, si faceva riferimento anche all’origine dell’inquinamento, «con buona probabilità, dovuto alla presenta di scarichi in alveo non autorizzati». Eppure, il divieto persiste, ma i colpevoli non si trovano.

Il lungo elenco degli scempi nelle acque dei fiumi irpini prosegue verso la Valle dell’Irno, nell’ormai famoso torrente “Solofrana”. L’affluente del Sarno, reputato il fiume più inquinato d’Europa, in base ai monitoraggi eseguiti sui 16 punti indagati nel 2017, e riportati nell’indagine di Legambiente “Buone e cattive acque”, per 10 non raggiungeva una qualità sufficiente, con uno stato "scarso" per 4 punti e uno stato "cattivo" per altri 6. Esalazioni nauseabonde, acque scure e schiuma, con un’origine probabilmente riconducibile agli scarichi abusivi nel fiume Sarno, ma comunque in molti punti in pessimo stato.

Persino l’Ofanto, che nasce tra i monti tra Torella e Sant’ Angelo dei Lombardi, segnando da est a ovest il confine orientale dell’Irpinia, è salito recentemente agli onori – si fa per dire – delle cronache. L’Arpac, nel 2019, ha confermato una preoccupante presenza di Mercurio, dopo un controllo effettuato tra l’area industriale di Morra De Sanctis e l’invaso di Conza della Campania. Anche qui, era scattata l’allerta con i Comuni vicini e la girandola dei divieti. Pure qui, Procura immediatamente informata.

L’Ufita, invece, si è segnalato nel 2020 per una moria di pesci e per la presenza, nel punto in cui i fiume incontra il torrente Fiumarella, di acque putride e schiumose e con affioramento di alghe. Sempre nel 2020 venne stabilita la presenza di reflui industriali e di tetracloroetilene.

Era diventato addirittura un caso nazionale, nel 2012, il fiume Calore. Trentanove sindaci del beneventano erano stati rinviati a giudizio per disastro ambientale perché la metà degli scarichi erano finiti nei corsi d’acqua senza essere depurati. L’inquinamento riscontrato risultò 1000 volte superiore al consentito. Con un rischio di Salmonellosi che fu ritenuto altissimo.

Batteri e scarichi selvaggi anche nel fiume Isclero, tra la Valle Caudina e il Sannio. A denunciarli, più volte inascoltato, il consigliere comunale Giuseppe Mainolfi: da fiume della vita a cloaca a cielo aperto. Anche qui, con batteri e metalli pesanti. Secondo il consigliere, erano stati evidenti anche le responsabilità delle industrie locali.

Tra depuratori fuori uso, veri e propri fuorilegge e imprenditori senza scrupoli, muoiono i fiumi d’Irpinia. Le denunce e le iniziative di sensibilizzazione, come quelle del Meet Up pentastellato, coordinato da Giovanni Varallo, sono centinaia. Quest’ultimo ha sollecitato più volte le istituzione, finanche sul caso dei fiumi tombati di Avellino, come il Rio San Francesco. Le indagini dei carabinieri restituiscono di tanto in tanto qualche arresto, ma la sensazione, tanto dal punto di vista della repressione quanto da quello delle politiche di risanamento, è che si proceda al ralenti. Ma il disastro corre veloce.
que rosa ai metalli pesanti del Sabato, ai batteri del Fenestrelle; dalle cloache dell’Ufita al mercurio dell’Ofanto: i fiumi irpini sono malati. Il divieto di pesca e di utilizzo delle acque è pressochè generalizzato. Le denunce si moltiplicano, ma gli autori del disastro restano impuniti. Depuratono malati. Il divieto di pesca e di utilizzo delle acque è pressochè generalizzato. Le denunce si moltiplicano, ma gli autori del disastro restano impuniti. Depurato

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Rosario Muto

Consulente del tribunale di Prato brevetta un protocollo contro le malattie da metalli e fonda una cooperativa di impianti dentali

https://www.tvprato.it/2015/06/consulente-del-tribunale-di-prato-brevetta-un-protocollo-contro-le-malattie-da-metalli-e-fonda-una-cooperativa-di-impianti-dentali/

Si chiama Bio-Inerzia ed è una cooperativa molto particolare, forse unica nel suo genere. Si occupa di produzione, ricerca e sperimentazione di impianti dentali, dei dispositivi protesici e tutti quegli oggetti costruiti in lega nobile resi bioinerti con il protocollo Ttsvgel. La cooperativa è nata nei giorni scorsi a Prato e si pone come obiettivo quello di eseguire corsi pratici-teorici e convegni informativi, formativi pubblici e professionali nell’ambito della filosofia olistica.

Il punto centrale della sua attività è l’uso di particolari leghe metalliche, dette appunto “leghe nobili”, in grado di essere sottoposte ad un particolare trattamento che ne rende inerte le superfici, garantendo, con infinita stabilità nel tempo, l’assoluta impossibilità di interazioni tra i materiali metallici ed i tessuti biologici che con i quali questi entrano in contatto.

Questo è quanto prevede il protocollo Ttsvgel, un brevetto del quale è titolare Rosario Muto, presidente della cooperativa ed esperto in materiali dentali e protesi in genere. Muto è anche consulente tecnico del Tribunale di Prato ed autore del libro “Malati di Metalli”, edito lo scorso anno. Un testo impegnativo, suddiviso in due tomi, attraverso il quale viene spiegato come e perché i metalli interferiscono con la nostra salute, finendo per essere causa di molte nostre patologie che mettono a rischio la nostra salute ed il nostro benessere. Queste interazioni tra metalli e tessuti, si scoprono essere talvolta causa di disturbi postumi come rigetti, semplici allergie, disturbi posturali, cefalee e molto altro, facendo sì che i pazienti debbano sottoporsi ad interventi di rimozione e sostituzione.

A far parte di “Bio-Inerzia” c’è anche Michele Ingrassia, odontotecnico trapanese che, col il suo laboratorio, ha da tempo avuto modo di sperimentare con successo questo protocollo. Una esperienza questa che lo ha spinto a prendere un aereo ed a raggiungere Prato per aderire al progetto.

I promotori fanno sapere che la cooperativa è aperta a nuove adesioni. Chi fosse interessato può contattare Rosario Muto (questa è la sua pagina Facebook).