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Qualità dell'aria

Biossido di titanio, possibile minaccia per la nostra salute?

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Una ricerca del Road Research Centre del Belgio getta ombre sull'utilizzo di biossido di titanio (TiO2) quale catalizzatore per ripulire l'aria dalle particelle inquinanti.

Il biossido di titanio viene utilizzato steso come pellicola su molti materiali e prodotti usati in edilizia e nella costruzione di strade. Per esempio, le lastre di porfido dei marciapiedi e delle zone pedonali, sono spesso trattate con questa sostanza, che agisce da catalizzatore per le particelle inquinanti presenti nell'aria. In pratica, si comporta da filtro, attirando e catturando queste sostanze inquinanti.

La domanda che si sono posti i ricercatori belgi è se gli eventi atmosferici, in particolare le pioggie a cui sono ovviamente esposti marciapiedi, piazze e superfici pubbliche in genere, possano eventualmente comportare la perdita della forza catalizzatrice del TiO2, e quindi il rilascio degli inquinanti nell'ambiente circostante. In tal caso, potrebbero esserci impatto negativi per la salute dei cittadini?

L'istituto ha quindi preparato un test, che ha riguardato le corsie di parcheggio ad Anversa, in Belgio, la cui pavimentazione era stata, appunto, trattata con questa sostanza.

Il TiO2 utilizzato per ricoprire le superfici di cemento del parcheggio ha una dimensione di 15 nanometri. Al fine di aumentare l'effetto fotocatalitico viene fatto un impasto in cui il TiO2 si unisce a molecole di dimensioni maggiori. Questo processo di agglomerazione è molto importante per l'efficienza prodotti fotocatalitici. Il risultato è una molecola più grande, con una dimensione di 1,5 micron, che forma una spugna con molte cavità interne. Queste cavità occupano complessivamente una superficie notevole – 225 metri quadri per ogni grammo di TiO2 - in cui le sostanze inquinanti disperse nell'aria sono trasportate e decomposte.

Studi eseguiti negi Stati Uniti hanno segnalato che agglomerati di TiO2 di 700 nm di dimensioni possono finire nei polmoni, causando problemi di salute. Tuttavia, il procedimento di miscelazione usato in Belgio dà origine a molecole due volte più grandi, che secondo i responsabili del progetto non dovrebbero dare problemi di inalazione.

"Il TiO2 è uno dei prodotti utilizzati nei processi industriali ad acqua pulita. Il nostro focus è sul prodotto la decomposizione di sostanze inquinanti disperse nell'aria e il TiO2 con le particelle inquinanti che cattura, rimane in uno stato di legame con la matrice cementizi".

Ma gli agenti atmosferici potrebbero eventualmente rompere questo legame e liberare il TiO2, e soprattutto gli inquinanti catturati? Valutare la tossicità del TiO2 non è un compito facile. Il Dr. Anil Kumar Suresh e i suoi colleghi dell'Oak Ridge National Laboratory negli Stati Uniti, hanno studiato la tossicità delle diverse sostanze - come Ag, ZnO, CeO2 – con cui il TiO2 si lega.

"La tossicità di queste nanoparticelle dipende da tanti fattori. Per esempio, che tipo di sostanze chimiche sono state utilizzate nella produzione, cosa c'è sulla superficie delle nanoparticelle. Ogni particella è diversa. Ci sono molti modi per fare le nanoparticelle, ed ogni società di produzione ha una sua modalità di produzione". La maggior parte delle nanoparticelle di TiO2 che sono state studiate sono tossiche in una certa misura, ad eccezione di quelle prodotte con l'aiuto di batteri o funghi che rendono le particelle inerti. Al momento, le nanoparticelle sono prodotte da processi chimici.

È stato riportato che le radiazioni - anche quelle provenienti dal Sole - possono aumentare la tossicità delle nanoparticelle di TiO2 da 20 a 40 volte.

Le aziende spesso non forniscono informazioni circa la tossicità e la natura delle nanoparticelle che utilizzano nei loro prodotti. Non si conosce molto circa le modalità di trasporto di queste particelle e come si trasformano nell'ambiente. È quindi difficile prevedere cosa potrebbe succedere in caso di rilascio e, quindi, di un aumento della concentrazione nell'atmosfera.

"Chi lavora per queste industrie, che producono tonnellate e tonnellate di nanoparticelle di TiO2, dovrebbe pensarci due volte ", è il consiglio dei ricercatori. Oltre che per la produzione di blocchi di pavimentazione, i materiali contenenti TiO2 sono utilizzate anche per altre applicazioni come facciate, moquette del pavimento, pareti e soffitti, automobili, autobus e treni.

Fonte: 

http://www.greencity.it/news/3145/biossido-di-titanio-possibile-minaccia-per-la-nostra-salute-.html

 

Le centrali nucleari fanno ammalare di leucemia

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Nonostante manchino pochissimi giorni al Referendum sul Nucleare, mi rendo conto che l'informazione pubblica sulla realtà dei problemi legati al nucleare è stata ed è tuttora molto carente. In particolare un argomento è stato quasi del tutto trascurato durante questa già scarsa informazione. Mi riferisco all'impatto sulla salute umana delle centrali atomiche, non tanto durante gli incidenti (numerosi e di varia intensità) quanto in condizioni di normale funzionamento e manutenzione.

È ormai ampiamente riconosciuto che tutte le centrali atomiche emettono continuamente durante la loro vita un'ampio spettro di radionuclidi. Le dosi di radiazioni riscontrate nelle emissioni normali delle centrali vengono comunemente accettati perché dichiarati completamente innocui in quanto inferiori a 1000-100.000 volte alla dose ammessa dalle Agenzie di Radioprotezione Internazionali che è di 1 mSv/anno. Eppure, come riportato nel 14° Rapporto COMARE del 2011, i quantitativi di radiazioni emesse negli scarichi gassosi dalle centrali nucleari inglesi hanno raggiunto nel 1999 la concentrazione di circa 0,14 mSv annuali, che sarebbe solo 7 volte inferiore alla dose ammessa! Inoltre bisogna considerare che il valore di 1 mSv è una media annuale di valori che sono di varia intensità e con valori che possono essere anche molto alti in certi periodi. Nello stesso Rapporto vengono minuziosamente elencati tutti i quantitativi di differenti radionuclidi (C14, Co60, Cs137, Trizio) emessi dalle centrali Inglesi, tedesche, svizzere e francesi in tre anni (1999, 2000 e 2001). Questo a conferma della reale emissione di piccoli quantitativi continui di radionuclidi da parte degli impianti nucleari!

L'azione dei radionuclidi nel corpo umano va valutata considerando che questi, una volta emessi a piccole dosi dagli impianti nucleari, vengono dispersi in tutto l'ambiente circostante (aria, acqua, terra) dove permangono a lungo accumulandosi e da qui possono essere assunti, tramite gli alimenti e la respirazione, dagli organismi viventi, dove vengono concentrati progressivamente in organi critici del corpo. I radionuclidi accumulati nel corpo umano irraggiano i tessuti, emettendo radiazioni ionizzanti continue e per periodi di tempo anche molto lunghi (mesi/anni), determinati dalla loro emivita fisica e dalla loro ritenzione biologica all'interno del corpo. Le radiazioni rilasciate possono danneggiare le cellule causando aberrazioni cromosomiche, mutazioni geniche e alterazioni del ciclo cellulare: nelle cellule somatiche possono portare allo sviluppo del cancro, mentre nelle cellule staminali delle gonadi possono portare a malattie ereditarie e trasmissibili. Tali effetti variano a seconda delle dosi accumulate, dalla presenza di altri fattori di rischio (che possono avere un deleterio effetto addittivo) oltre che dalla variabilità genetica dell'individuo e dalla sua capacità naturale (età, sesso e stato di salute) di instaurare una risposta biologica alle radiazioni. Risposta che può aversi sia a livello del DNA, come meccanismi di riparazione del danno da rottura del DNA stesso causato dalle radiazioni, sia a livello cellulare e tissutale, come risposta infiammatoria e/o immunologica in grado di eliminare le cellule alterate dalle radiazioni. Pertanto, il differente accumulo dei radionuclidi e le variabili presenti negli individui comportano che non si possa definire il livello di rischio associato con l'esposizione a dosi molto basse di radiazioni.

È facile a questo punto comprendere la spiegazione dei risultati di tutti quegli studi presenti in letteratura che hanno dimostrato un aumento di tumori e in particolare di leucemie in bambini che vivono alle centrali nucleari.

Studi che evidenziano un incremento dei tumori nei bambini che vivono vicino alle centrali nucleari Sono numerosi gli studi fatti in varie parti del mondo (USA, Spagna, Inghilterra, Germania, Canada, Svezia, Francia, Giappone.) che hanno considerato la relazione tra insorgenza di vari tipi di tumore e vicinanza a centrali nucleari. Le prime evidenze di una correlazione tra leucemia e installazioni nucleari risalgono al 1983, quando si osservò che i bambini che abitavano vicino all'impianto di riprocessazione del combustibile nucleare di Sellafield (Inghilterra) sviluppavano leucemie. Dopo di allora ci furono molti altri studi epidemiologici che hanno dimostrato un aumento del rischio di contrarre la leucemia tra i giovani che vivevano vicino alle centrali nucleari. Così, nel 1986 è stato pubblicato uno studio in cui si dimostrava un incremento della leucemia nei bambini che vivevano vicino all'impianto nucleare di Dounreay in Scozia (1) Tra il 1987 e il 1989, altri studi inglesi riportarono un aumento significativo di leucemia in bambini sotto i 15 anni che vivevano entro le 10 miglia da impianti nucleari in Inghilterra e in Galles (2)(3) Nel 1992 in Germania si è evidenziato un incremento statisticamente significativo di leucemie infantili in bambini sotto i 5 anni che vivevano vicino ad alcune centali nucleari (4). Nel 1993 è stato effettuato uno studio sempre in Germania dove si evidenziava un aumento eccezionale di leucemia in bambini insieme ad un aumento significativo di leucemia negli adulti dopo l'apertura della centrale nucleare di Krimmel (5). Nel 1995 è staro riscontrato un eccesso di casi di leucemia tra i giovani che vivevano vicino all'impianto di riprocessazione di La Hague (6). In tal caso è stata ipotizzata la causa nell'ambiente marino (sabbia con cui giocavano i bambini, pesci e frutti di mare) contaminato da radionuclidi emessi dall'impianto nucleare.(7) Tutti questi risultati hanno stimolato una lunga serie di studi con risultati molto controversi, tendenti a non riconoscere il fatto che le emissioni ionizzanti durante il funzionamento di centrali nucleari potessero aumentare il rischio di leucemie nei bambini, adducendo motivi di scarso valore statistico. Le dosi emesse dalle centrali sono in effetti molto inferiori a quelle ammesse dalla normativa per la sicurezza nucleare e si è cercato in ogni modo di minimizzare gli effetti delle radiazioni sull'incremento riscontrato delle leucemie, imputando tale incremento ad altri agenti causali (inquinanti, virali etc.).

Per risolvere queste controversie il Governo Federale Tedesco nel 2003 finanziò uno studio caso-controllo commissionandolo all'Università di Mainz. Lo studio è noto come studio KiKK (Kinderkrebs in der Umgebung von KernKraftwerken = Childhood Cancer in the Vicinity of Nuclear Power Plants)- Lo studio ha analizzato tutti i casi di tumore (1592 casi verso 4.735 controlli) e di leucemie ( 593 casi verso 1776 controlli) in bambini sotto i 5 anni che vivevano vicino a tutte le 16 centrali tedesche ed è riferito a un arco di tempo di oltre 20 anni (dal 1980 al 2003). I risultati dimostrano che in questi bambini le Leucemie hanno un incremento statisticamente significativo di 2,19 volte a una distanza dalla centrale di 5 km e di 1,33 volte a una distanza di 10 km, con un effetto quindi inversamente proporzionale alla distanza (8), mentre gli altri tumori solidi hanno un incremento statisticamente significativo di 1,61 volte a una distanza dalla centrale di 5 km e di 1,18 volte a una distanza di 10 km (9). Gli autori tuttavia non spiegano i motivi per cui le radiazioni emesse da un reattore normalmente funzionante, inferiori a quelle naturali (terrestri, cosmiche) potrebbero indurre leucemie o altri tumori nei bambini molto piccoli. La spiegazione dei risultati viene invece fornita da un successivo studio inglese del 2009 che indica come causa dell'incremento di leucemie nei bambini l'effetto teratogenico dei radionuclidi emessi dai reattori e incorporati dalla madre durante la gestazione. I tessuti ematopietici del feto e dell'embrione sono molto più radiosensibili di quelli dei bambini. La contaminazione progressiva dell'embrione e del feto nel grembo materno diminuisce con la distanza dalla centrale (10). Lo studio KIKK con la sua autorevolezza, con la sua significatività statistica e con l'ampiezza dei casi trattati, conferma che esiste una correlazione tra la distanza dalle centrali nucleari e il rischio di sviluppare un cancro (in particolare leucemia) nei bambini con meno di 5 anni, avvalorando così tutti i risultati ottenuti nei venti anni precedenti. Ad ulteriore conferma ricordo un lavoro di meta-analisi dove si analizzano dati di 17 lavori di ricerca su 136 siti nucleari in UK, Canada, Francia, USA, Giappone, Spagna e Germania. I risultati statisticamente significativi mostrano anche qui un elevato rischio di leucemia e di casi mortali di leucemia in bambini che vivono vicino a centrali nucleari (11). Lo stesso dato è stato evidenziato anche vicino alla centrale nucleare di Amburgo (12)

* Prof. Ass. Immunologia ed Immunopatologia Fac. Medicina
Univ. La Sapienza Roma


BIBLIOGRAFIA

1) Heasman MA et al. Childhood leukaemia in Northern Scotland. Lancet 1986;i:266 and 355
2) Forman D, Cook-Mozaffari P, Darby S, Davey G, Stratton I, Doll R,Pike M. Cancer near nuclear installations. Nature 1987;329:499-505.
3) Cook-Mozaffari PJ, Darby SC, Doll R, Forman D, Hermon C, PikeMC, Vincent T. Geographical variation in mortality from leukaemia and other cancers in England and Wales in relation to proximity to nuclear installation, 1969-78. Br J Cancer 1989;59:476-85.
4) Michaelis J, Keller B, Haaf G, Kaatsch P. Incidence of childhood malignancies in the vicinity of west German nuclear power plants . Cancer Causes Control 1992;3:255-63.16.
5) Leukemia in the Proximity of a German Boiling-water Nuclear Reactor: Evidence of Population Exposure by Chromosome Studies and Environmental Radioactivity, Inge Schmitz-Feuerhake et al: Environ Health Perspect 105(Suppl 6):1499-1 504 (1997)
6) Carre A. Incidence of leukaemia in young people around the La Hague nuclear waste reprocessing plant: a sensitivity analysis. Stat Med 1995; 14:2459-72
7) Viel JF, Pobel D . Case-control study of leukaemia among young people near La Hague nuclear reprocessing plant: the environmental hypothesis revisited. BMJ 314 : 101 January 1997
8) Kaatsch P, Spix C, Schulze-Rath R, Schmiedel S, Blettner M: Leukemias in young children living in the vicinity of German nuclear power plants. Int J Cancer 2008, 122:721-726.)
9) Spix C, Schmiedel S, Kaatsch P, Schulze-Rath R, Blettner M. Casecontrolstudy on childhood cancer in the vicinity of nuclear powerplants in Germany 1980-2003. Eur J Cancer, 44 (2008) 275 -284
10) Ian Fairlie. Commentary: childhood cancer near nuclear power stations, Environmental Health 2009, 8:43)
11) Baker PJ, Hoel D: Meta-analysis of standardized incidence and mortality rates of childhood leukemias in proximity to nuclear facilities. Eur J Cancer Care 2007, 16:355-363)
12) Hofmann W, Terschueren C, Richardson DB. Childhood leukemia in the vicinity of the Geesthacht nuclear establishments near Hamburg, Germany. Environ Health Perspect 2007,115:947-52

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fonte: http://affaritaliani.libero.it/green/salute_centrali_nucleari_fanno_ammalare090611.html

 

Più benzo(a)pirene per tutti. Raccolta firme contro la decisione di rimuovere il limite alle concentrazioni

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Oggi Mercoledì 2 febbraio presso l'Archivio Disarmo (ore 15-18) in Piazza Cavour 17 a ROMA PeaceLink organizza un incontro per coordinare la campagna benzo(a)pirene. Sono invitati tutti gli interessati, anche provenienti da varie città d'Italia.

L'obiettivo è quello di creare un RETE di città contro il benzo(a)pirene.

L'adesivo della campagna di PeaceLink

Benzo(a)pirene: scelta irresponsabile della maggioranza
L'on. Zamparutti e l'on. Bratti dichiarano: "E’ grave che la maggioranza non abbia ritenuto, a distanza ormai di mesi dalla presentazione delle nostre risoluzioni, di far assumere al governo un impegno sul ripristino della normativa precedente il decreto 155/2010".
2 febbraio 2011
AMBIENTE/BENZO(A)PIRENE: LA MAGGIORANZA RIFIUTA DI RIPRISTINARE NORMATIVA PRECEDENTE

Zamparutti (Radicali) e Bratti (Pd): "Scelta irresponsabile". Domani conferenza stampa

Roma, 1° febbraio 2011

Elisabetta Zamparutti, deputata Radicale, e Alessandro Bratti, deputato del PD, co-promotori della risoluzione per il ripristino della normativa precedente sul benzo(a)pirene, in merito alla votazione che si è tenuta quest’oggi in Commissione Ambiente, dichiarano:

"E’ grave che la maggioranza non abbia ritenuto, a distanza ormai di mesi dalla presentazione delle nostre risoluzioni, di far assumere al governo un impegno sul ripristino della normativa precedente il decreto 155/2010. E’ una scelta irresponsabile - continuano i due parlamentari - rispetto alla quale occorre rafforzare una lotta che attiene alla legalità, alla salute e all’ambiente. Diamo atto alle opposizioni di averci sostenuto e ai comitati di aver svolto un importante lavoro. Si tratta ora di continuare una battaglia che di certo non finisce oggi".

Su questo tema Elisabetta ZAMPARUTTI e Alessandro BRATTI annunciano una conferenza stampa per domani, mercoledì 2 febbraio, dalle ore 11.30 alle 12.30 presso la sala stampa della Camera dei deputati (via della Missione, 4 – Roma), alla quale parteciperanno anche Maurizio TURCO, deputato Radicale membro della Commissione Affari Costituzionali; Sandra ZAMPA, deputato Pd in Commissione Infanzia; Alessandro MARESCOTTI, Presidente di Peacelink; la dott.ssa Lidia GIANNOTTI, responsabile del settore giuridico di Peacelink e Alda SANCIN dell’Ass.ne “No smog” Trieste.

http://www.peacelink.it/ecologia/a/33265.html

Relazione dottoressa Annamaria Moschetti (pediatra) (1748 Kb - Formato pdf)

Last Updated (Thursday, 03 February 2011 11:10)

 

Micropolveri e nanopolveri nell'aria

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Si chiamano micropolveri (Pm10, Pm2,5, Pm1) o nanopolveri (Pm0,1). Hanno dimensioni talmente piccole da risultare di difficile comprensione. Ma ci sono e fanno danni pesanti: sulla salute individuale, su quella collettiva e sul futuro. Nonostante ciò, l’uomo ne produce sempre di più.
 
Parlare di polvere può sembrare banale: tutti noi sappiamo cos’è. La polvere si annida dappertutto e per rimuoverla occorre una scopa, uno straccio e tanta fatica.
Si può usare anche un aspirapolvere, che la rimuove e la fa finire in un sacchetto di carta con caratteristiche tali da funzionare come un filtro. In questa puntata di Nostra Madre Terra, noi non parleremo di quella polvere, ma di una polvere molto più fine, che riesce a superare anche il filtro dell’aspirapolvere. Qualcuno, cambiando il sacchetto dell’aspirapolvere, avrà notato una polverina molto fine, simile al borotalco, che si annida all’interno dell’apparecchio e che, purtroppo, non viene trattenuta dai filtri e ritorna nell’ambiente.
Da alcuni anni si stanno studiando le interazioni tra queste polveri inorganiche finissime e l’organismo.
 
Le polveri: dimensioni e provenienza
Le polveri sottili si dividono in nanopolveri e micropolveri.
Le nanopolveri hanno un diametro tra 10-9 e 10- 7 metri , cioè tra un miliardesimo di metro e un decimo di milionesimo di metro. Le micropolveri sono più grandi: tra 10-6 e 10- 5 metri , che vuol dire che sono comprese tra un milionesimo ed un centomillesimo di metro.
L’unità di misura più comunemente utilizzata per queste misure è il µm (micron), che è il millesimo di millimetro, cioè 10- 6 metri .
Tutti noi abbiamo sentito parlare delle PM10, che sono quelle polveri che vengono misurate per valutare il livello di inquinamento nelle città. La sigla PM10 identifica le particelle che hanno un diametro di 10 µm, ovvero 10 millesimi di millimetro.
La legge attualmente in vigore individua due valori limite di PM10:
 
* il primo è un valore limite di 50 µg/m³ come valore medio misurato nell’arco di 24 ore da non superare più di 35 volte/anno;
* il secondo come valore limite di 40 µg/m³ come media annuale.
 
Queste particelle si possono trovare in natura e possono coprire grandissime distanze.
Sono prodotte dai vulcani, dagli incendi, dai fulmini e dall’erosione delle rocce (da parte del vento e dell’acqua).
La sabbia del deserto è un esempio evidente: l’abbiamo vista cadere, a volte insieme alla pioggia, e sporcare le automobili e i vetri delle finestre. Si tratta di sabbia che, per effetto dei venti, ha percorso migliaia di chilometri.
 
Le micropolveri: le difese del corpo umano
Le polveri fini inorganiche prodotte dalla natura non hanno grossi effetti sulla nostra salute, perché sono in quantità molto ridotte e si trovano solo in rare occasioni, ad esempio durante le eruzioni vulcaniche.
Il nostro organismo è molto ben difeso dalle polveri di dimensioni maggiori. Mentre respiriamo, le polveri più grossolane si fermano nel naso e quelle di dimensioni inferiori si fermano nella trachea e nei bronchi, raggiungendo le parti più profonde del polmone in modo inversamente proporzionale alle loro dimensioni.
Le micropolveri PM10 si fermano nel naso e nella gola, le PM2,5 raggiungono i bronchi più piccoli e le PM1 arrivano fino agli alveoli polmonari. All’interno dei bronchi esiste un meccanismo mirabile per ripulirli: si tratta di un sottile strato di muco a cui la polvere si fissa. Questo muco non sta fermo, ma, per effetto del movimento delle microscopiche ciglia delle cellule che rivestono i bronchi, il muco viene sospinto verso le vie aeree superiori fino al retrobocca, dove viene espulso con la tosse o deglutito, insieme con la polvere.
Queste polveri, evidentemente, possono causare irritazione delle vie aeree e qualche fastidioso «mal di gola».
 
Le nanopolveri: niente riesce a fermarle
Molto diverso è il discorso che riguarda le nanopolveri (inferiori a PM0,1), che dopo essere state inalate, si possono trovare nel sangue già dopo circa un minuto e di seguito possono raggiungere tutti gli organi (fegato, reni, ecc.).
Alcuni studiosi hanno dimostrato che queste particelle nel sangue aumentano la produzione di fibrina, in altre parole favoriscono la coagulazione del sangue all’interno delle arterie e delle vene formando i cosiddetti trombi, che possono essere causa di infarti, di embolie e di ictus.
Queste particelle, che a tutti gli effetti sono corpi estranei, possono essere causa di granulomi all’interno dei tessuti: i granulomi sono una reazione dell’organismo alla presenza di germi o sostanze in grado di fare danni; per effetto dell’infiammazione si forma un tessuto di difesa che, nel tempo, può anche causare il cancro.
È chiaro che soltanto la sabbia del deserto e le eruzioni vulcaniche non sarebbero un grosso problema per la nostra salute, ma, purtroppo l’uomo è diventato un grande produttore di nanopolveri, che si sviluppano soprattutto per effetto delle attività manifatturiere.
 
Polveri, ma «a norma di legge»
Sono grandi produttori di polveri le fonderie, le acciaierie, le centrali elettriche, gli aerei, le cave e le miniere a cielo aperto, i cementifici, i cantieri e le attività di saldatura dei metalli.
Anche i veicoli sono produttori di nanopolveri, non solo per le emissioni dei motori, ma anche per l’usura dei freni, delle gomme e, naturalmente, dell’asfalto.
Una nota a parte la meritano i grossi veicoli con motore Diesel, ad esempio i SUV, che vediamo sempre più spesso in città (su questa moda devastante e diseducativa si legga alle pagine 66-67). Questi veicoli sono dotati di un filtro che dovrebbe ridurre le emissioni delle PM10, le micropolveri controllate per legge nelle città. In realtà, questi filtri fermano effettivamente le PM10, che, si noti, vengono espulse dopo essere state degradate a dimensioni molto più ridotte e, attenzione, più micidiali, ma «a norma di legge», nel senso che la legge tiene conto solo delle polveri PM10, che si fermano nelle prime vie aeree e vengono espulse con qualche colpo di tosse. Abbiamo visto che assai peggiori sono gli effetti delle polveri con granulometria più fine, delle quali la legge non prevede un controllo.
Purtroppo troviamo nanoparticelle anche negli alimenti (ad esempio, nelle farine, per effetto della macinatura industriale) e nei farmaci, dove vengono aggiunti talco o silicati come eccipienti delle pastiglie.
Altre nanoparticelle si possono trovare negli edifici, per effetto del degrado dell’intonaco dovuto al tempo, ma anche per il rilascio di fibre di amianto da parte di tubi di eternit, di pannelli interni e di linoleum, che, fino ad epoca relativamente recente, sono stati realizzati con questo pericolosissimo minerale (si legga MC, maggio 2007).
Per curiosità, ricordiamo anche certi dentifrici e alcune gomme da masticare, che dovrebbero ripulire i denti per effetto dell’aggiunta di abrasivi, i quali non sono altro che polvere di vetro.
 
I pericoli (taciuti) dell’incenerimento
Una nota a parte la meritano gli inceneritori di rifiuti ed, ancor più, i cosiddetti «termovalorizzatori» (si legga MC, marzo e giugno 2007), che più sono moderni e più emettono nanopolveri. Sembra un paradosso, ma, per evitare, per quanto possibile, l’emissione di diossine, si tende ad aumentare la temperatura del forno, fino a mille gradi e più. Le alte temperature sono responsabili dell’emissione di grandi quantità di nanoparticelle, la cui composizione è la più disparata, potendosi trovare anche metalli pericolosi come il piombo, il mercurio, il cadmio, il cromo, ecc.
Tutte le volte che un manufatto di composizione eterogenea, come lo sono i rifiuti, viene incenerito ad alta temperatura, vengono emessi nell’aria i vari elementi che lo costituivano sotto forma di atomi non legati fra loro; questi ultimi possono di seguito riaggregarsi in modo disordinato sotto forma di leghe, che non troverete mai in un trattato di metallurgia, perché sono il frutto della combinazione casuale degli atomi.
Il fatto che agglomerati «strani» si possano trovare nell’aria e all’interno dell’organismo di persone, che abitano nei paraggi di un inceneritore consente di affermare, con sicurezza quasi assoluta, che tali nanoparticelle provengono dall’inceneritore, perché soltanto le alte temperature possono sintetizzare leghe casuali, che non sono biocompatibili né biodegradabili e non figurano tra gli inquinanti ricercati di norma nelle emissioni dell’inceneritore.
Parlando di nanopolveri prodotte dalle alte temperature, non bisogna dimenticare gli effetti dell’uranio impoverito, usato nelle munizioni delle armi moderne e associato con gravi malattie non solo dei soldati, ma anche delle persone che vivono in aree di guerra o vicino ai poligoni militari.
L’uranio impoverito è un’arma formidabile, perché riesce a perforare anche le corazze più robuste per via della grande forza di penetrazione e del fatto che esplode a 3.000 gradi «polverizzando» i bersagli. È verosimile che le gravi malattie riscontrate siano determinate non solo dalle radiazioni dell’uranio, ma anche dalle nanopolveri, che entrano nell’organismo e determinano reazioni non del tutto prevedibili e, in ogni caso, sicuramente non benefiche.
L’uranio impoverito emette una modesta quantità di radiazioni alfa, che sono le più pericolose per l’organismo. Gli esperti dicono che basterebbe un foglio di carta per fermare queste radiazioni e che si potrebbe dormire tranquilli con un proiettile di uranio impoverito nel cassetto del comodino. Il fatto grave, però, è che dopo l’esplosione anche l’uranio si trova disperso nell’aria sotto forma di nanopolveri e può raggiungere il sangue e gli organi interni, dove le radiazioni possono fare danni non trovando nessuna barriera.
Tutta la questione che riguarda l’uranio impoverito è ancora oggetto di studio e le uniche tragiche certezze sono i tumori dei soldati e le malformazioni dei loro figli.
Tutto il discorso sulle nanopolveri dovrebbe indurre ad una attenta riflessione sulle attività dell’uomo, che sta devastando l’ambiente non solo con mezzi di distruzione, ma anche con lo sviluppo di tecnologie che tendono a produrre sempre di più e sempre più velocemente.
 
I costi della velocità
La velocità è la causa principale dell’inquinamento, sia per la necessità di maggiore energia, che per la notevole produzione di polveri.
E non si parla solo dei veicoli a motore. Una delle attività più antiche (e nobili) dell’uomo è la lavorazione del legno per la realizzazione di suppellettili e altri oggetti di uso comune, a volte di notevole pregio.
Il legno è il prodotto naturale per eccellenza; si potrebbe pensare che il falegname sia un lavoratore che non corre rischi a causa della sua attività. Invece stiamo osservando un numero crescente di tumori delle fosse nasali e dei seni paranasali, dovuti all’inalazione delle polveri di legno, che si sviluppano con l’uso di strumenti moderni (e veloci) usati nella lavorazione. In questo caso, il progresso ha determinato un aumento della polvere sviluppata, che essendo sempre più fine ha potuto penetrare all’interno del corpo. I tumori dei falegnami sono molto invasivi e richiedono interventi chirurgici demolitivi e terapie radianti, che spesso interessano anche gli occhi, lasciando esiti molto gravi.
I lavoratori utilizzano molti strumenti, che oltre ad aiutarli nell’attività possono anche essere causa di infortuni, di malattie professionali e di inquinamento dell’ambiente non solo lavorativo.
A titolo di esempio, vogliamo descrivere due macchine che possiamo osservare nelle nostre città e che potrebbero dimostrare quanto possa essere pericoloso il cosiddetto «sviluppo tecnologico».
La prima è una sega circolare che taglia l’asfalto prima di iniziare a scavare nei cantieri. A parte il rumore assordante, lo sviluppo di polvere è impressionante e si tratta di polveri sicuramente pericolose: l’asfalto è fatto di catrame mescolato con pietrisco che, nella migliore delle ipotesi, è composto da silicati, ma potrebbe contenere anche amianto. La macchina dispone a volte di un piccolo getto d’acqua per abbattere le polveri, però l’acqua asciuga presto, la polvere resta nell’ambiente e viene sollevata dal traffico veicolare.
La seconda meriterebbe un premio per la follia: si tratta di un soffiatore portatile, che evita di usare la scopa per rimuovere le foglie cadute dagli alberi. L’addetto, provvisto di cuffie (per il rumore) e di mascherina, utilizza una specie di grande asciugacapelli con motore a scoppio, per spostare le foglie, sollevando nubi di polvere, facendo rumore e inquinando con le emissioni del motore, che, in genere, è un motore a due tempi, che brucia una miscela di benzina e olio ed è, di gran lunga, il motore più inquinante tra quelli a combustione interna.
 
Napoli e dintorni: disinformazione e colpe
Mentre scriviamo (gennaio 2008), tutti i media (anche internazionali) parlano dell’emergenza rifiuti a Napoli... Fare informazione corretta è vitale per stimolare le amministrazioni ma anche i cittadini a fare molto di più contro l’inquinamento. Nella storia del pianeta noi siamo la prima generazione che respira un’aria diversa da quella della generazione precedente.
È fondamentale che l’informazione raggiunga anche i singoli individui e che venga trasmessa da genitori e insegnanti ai giovani, al fine di stimolare comportamenti finalizzati al risparmio energetico (coibentazione delle abitazioni, sostituzione delle vecchie lampadine con quelle fluorescenti, utilizzo ragionato degli elettrodomestici, utilizzo di fonti energetiche rinnovabili).
L’utilizzo dei mezzi di trasporto motorizzati dovrebbe essere limitato alle situazioni di stretta necessità; in molti posti si può andare a piedi o in bicicletta risparmiando soldi e preoccupazioni legate al traffico, alle code e ai parcheggi.
In Italia, la raccolta differenziata dei rifiuti è altamente insoddisfacente (si va dal 30 all’8 per cento!), forse perché richiede una grande collaborazione da parte di noi tutti. È possibile raggiungere percentuali molto elevate di materiale riutilizzabile separando in contenitori diversi i rifiuti organici, il vetro, la carta, la plastica, i metalli. Con un minimo di volontà ed attenzione è possibile raggiungere percentuali di raccolta differenziata che superano il 70%.
Se pensiamo che un inceneritore di rifiuti produce circa 350 chilogrammi di ceneri per ogni tonnellata di rifiuti prodotta, possiamo renderci conto che la raccolta differenziata può sostituire vantaggiosamente l’incenerimento con incomparabili vantaggi per la nostra salute.
Un inceneritore di media taglia, capace di trattare un migliaio di tonnellate di rifiuti al giorno, emette quotidianamente oltre 5 milioni di metri cubi di fumi.
Purtroppo, nel caso dei rifiuti, la tutela della salute delle persone non va d’accordo con gli interessi di alcuni gruppi industriali e dei politici che li assecondano, confidando sulla scarsa informazione sui rischi o peggio sulla disinformazione da parte della televisione e dei giornali.
 
http://www.dimensionidiverse.it/dblog/articolo.asp?articolo=1560

Last Updated (Friday, 30 July 2010 11:08)

 
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