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Indice articoli

 

AMALGAMA E DISTURBI CARDIOVASCOLARI

 

 

I problemi cardiaci sono uno dei sintomi nei casi di intossicazioni acute o croniche a vapori di mercurio: infatti il mercurio si accumula nel cuore ed ha una specifica azione tossica che causa ipertensione, anomalie dell'elettrocardiogramma, difetti cardiaci, etc.

 

Che "il cuore sia un sito preferenziale di accumulo del mercurio e quindi di azione tossica di tale metallo pesante (secondo solo ai reni)" è stato dimostrato istologicamente, con tecnica autometallografica, con autopsie sia su animali che umani (Cutright 1973, Shiraki 1977, Placidi 1983, Khayat 1984, Yoshida 1986, Fredin 1987, Carmignani 1989, Hahn 1989, Danscher 1990, Matsuo 1999).

 

Secondo una recente pubblicazione scientifica (Journal of American College of Cardiology V33,#6, pp1578-1583, 1999) i tessuti del cuore di pazienti morti di Cardiomiopatia Idiopatica Dilatativa (la cui causa è sconosciuta) contenevano 22.000 volte la quantità di mercurio (178,400 ng/g Hg) presente negli individui del gruppo di controllo (8ng/g).

 

La panoramica che segue sulla letteratura medica dimostra che:

(a) il rilascio di mercurio dall'amalgama causa accumulo di mercurio nel cuore;

(b) il mercurio provoca danni cardiovascolari.

 

Secondo la American Heart Association, 67 milioni di statunitensi soffrono di una qualche forma di patologia cardiovascolare e 1.000.000 di decessi all'anno negli USA sono causati da patologie cardiovascolari (cioè uno ogni due decessi). Ogni anno 100 tonnellate di mercurio vengono impiantate nelle bocche dei statunitensi.

 

Potrebbe esserci un nesso tra le due cose? Una relazione causa-effetto o comunque un'influenza parziale?

 

Una rassegna dei casi clinici con sintomi cardiovascolari trattati con rimozione terapeutica di otturazioni dentali di amalgama (Hansson 1991, Larose 1990, Lichtenberg 1993, Zamm 1990, Siblerud 1990) è stata pubblicata sulla rivista Heavy Metal Bulletin, marzo 1993, vol.9, n.2, p7-8.

Dei 159 pazienti con battito cardiaco irregolare, 139 (l'87%) riportarono di essere guariti o migliorati a seguito della rimozione delle otturazioni di mercurio. Gli altri sintomi monitorati furono problemi di pressione sanguigna, dolori al petto e tachicardia. La percentuale di guarigione o miglioramento relativamente a questi tre sintomi fu rispettivamente del 54%, 87% e 70%.

 

Altri tre gruppi di ricerca avevano precedentemente incluso sintomi cardiaci nella lista delle conseguenze patogene dell'amalgama dentale (Schwarzkopf 1963 & 1965, Rost 1976, Huggins 1982). I sintomi cardiaci, secondo i loro rapporti, svanivano a seguito della rimozione di amalgama dentale. Schwarzkopf descrive due casi guariti, uno di dolore cardiaco e l'altro di battito cardiaco mancante ogni 5 o 6 colpi; Rost descrive un caso di battito cardiaco costantemente superiore ai 100 colpi al minuto per 2 anni, che ritornò a 65 dopo la rimozione di amalgama; Huggins descrive una donna con lunghissimi attacchi di dolore al petto, con una ampiezza dell'onda P di 1.5 mm prima la rimozione dell'amalgama, 1.0 mm una settimana dopo la rimozione e 0.5 mm 19 giorni dopo la rimozione.

 

Secondo Siblerud (1990) portatori di otturazioni di amalgama avevano pressione sanguigna decisamente più elevata, più basso battito cardiaco, minore livelli di emoglobina e minori percentuali di globuli rossi del sangue rispetto ad individui senza otturazioni di mercurio. I portatori, inoltre, avevano una maggiore incidenza di dolori al petto, rapido battito cardiaco (tachicardia), anemia, affaticamento. L'autore conclude augurandosi che i risultati del suo studio stimolino altri ricercatori a produrre una documentazione più vasta in merito, poiché c'è un limitato numero di pubblicazioni che hanno investigato e documentato l'effetto negativo delle amalgame sul sistema cardiovascolare.

 

Risulterà evidente leggendo questa relazione che i meccanismi di tossicità cardiovascolare del mercurio sono molteplici e che, inoltre, la comparsa di una patologia è sempre dovuto al raggiungimento nel tempo di un "valore soglia" di accumulo in un determinato organismo. Questi aspetti del problema ci aiuteranno allora ad inquadrare la situazione di intossicazione cronica a basse dosi di mercurio, quali quelle provenienti dalle otturazioni di amalgama.

 

L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha anche affermato (OMS, 1991) che i soli vapori di mercurio rilasciati durante la permanenza delle amalgame in bocca sono la maggiore fonte di mercurio per l'essere umano.

 

La metà del mercurio dell'amalgama non è più presente nell'otturazione dopo 10 anni dalla sua installazione. Il rilascio di mercurio delle amalgame avviene in tre modi: sotto forma di vapori a temperatura ambiente, sotto forma di minuscole particelle deglutite con la saliva ed infine come ioni metallici che attraverso i denti arrivano fino all'osso mandibolare. Studi scientifici hanno dimostrato che l'80% dei vapori di mercurio prodotti dalle otturazioni dentali di amalgama sono assorbiti, cioè l'80% del mercurio passa attraverso i polmoni nel flusso sanguigno. Il mercurio che entra nel sangue viene ossidato dopo soli 4–5 minuti. Ci vuole un minuto perché il sangue faccia il giro completo del corpo. Quindi, ogni dose di vapore di mercurio elementare che entra nel sangue esiste nella sua forma non-ionica abbastanza a lungo per raggiungere tutti i tessuti ed organi. Il sangue che circola in tutto il corpo fornisce ai vapori di mercurio provenienti dall'amalgama dentale un efficiente sistema di trasporto, capace di scambiare rapidamente sostanze chimiche con i vari tessuti ed organi.

 

 

a. Mercurio rilasciato dall'amalgama e accumulo del mercurio nel cuore

 

Decenni di ricerche epidemiologiche degli scienziati sovietici furono pubblicate nel 1974 negli USA: "Effetti cronici del mercurio sull'organismo". Si trattava di una relazione di 333 pagine che documentava ricerche condotte nella ex-Unione Sovietica sugli effetti della esposizione cronica al mercurio ed i suoi composti, sia sugli animali che sull'uomo. Un intero capitolo era dedicato agli effetti del mercurio sul sistema cardiovascolare. Fu dimostrato che il mercurio si lega prontamente ai siti tiolici (cioè zolfo legato ad atomi di idrogeno) dei tessuti e la presenza di accumuli di mercurio nel cuore fu evidenziata con studi epidemiologici su umani, studi istologici, autopsie su animali da laboratorio.

 

Nel 1987, il dottor Bengt Fredin condusse un lavoro di ricerca nel quale impiantava otturazioni di amalgama nei denti di maialini della Guinea. Egli misurò le quantità di mercurio nel cervello, cuore, fegato, reni, sangue e urine e le confrontò con i valori di animali di controllo non esposti ad otturazioni di mercurio. Il giorno 1, i livelli di mercurio nel cuore erano in media 10 volte superiori a quelli trovati nei tessuti del cervello; il giorno 3, i livelli di mercurio nel cuore erano da 3.5 a 10 volte quelli nel cervello; il giorno 5, i livelli di mercurio nel cuore erano il doppio di quelli nel cervello; il giorno 10, la quantità di mercurio nel cuore era ancora 1.5 volte superiore rispetto a quella nel cervello.

Questo studio su animali confermò che i vapori di mercurio inalati da amalgama dentale si accumulano molto rapidamente nei tessuti del cuore, ancora più rapidamente che nei tessuti del cervello. La fonte di mercurio in questo caso erano otturazioni di mercurio e la loro presenza in bocca portava ad un accumulo di mercurio nel cuore.

 

I dottori Murray Vimy e Fritz Lorscheider (Università di Calgary, 1989) utilizzarono le pecore come modello sperimentale. Essi incorporarono nelle otturazioni di amalgama una frazione di mercurio marcato radioattivamente, così che sarebbe stato possibile fare una mappa del mercurio in tutto il corpo (poiché in natura non esiste mercurio radioattivo, questo era specificatamente quello proveniente dalle otturazioni di amalgama). Entro due giorni dall'inserzione di otturazioni di amalgama nelle madri, il mercurio rilasciato dalle amalgame fu trovato nei tessuti del cuore sia delle madri che dei feti. I livelli di mercurio trovati nei tessuti del cuore erano comparabili ai livelli trovati nel cervello.

 

Nel 1973, un gruppo di ricerca dell'Istituto di Dental Reasearch dell'esercito americano pubblicò uno studio su animali sul Journal of Oral Medicine. 48 animali furono suddivisi in 8 gruppi da 6, anestetizzati e sistemati in cerchio intorno ad un blocco di amalgama. L'otturazione di amalgama fu quindi sottoposta a polverizzazione per 10 minuti. Il gruppo 1 di sei animali non fu esposto alla polveriscolo di amalgama. Gli altri gruppi furono sacrificati ad intervalli di tempo dopo la cessazione della polverizzazione, il gruppo 2 immediatamente dopo la cessazione (0 ore), i successivi ad intervalli di 8, 16, 24, 32, 48 e 72 ore dopo che era terminata la polverizzazione delle amalgame. I livelli di mercurio furono misurati nel cervello, nei reni, cuore, polmoni, fegato e sangue. Fu evidenziato dalle analisi che c'è una rapido assorbimento di mercurio attraverso i polmoni nel sangue e un assorbimento drammaticamente rapido di mercurio del sangue nel cuore. La concentrazione di mercurio nei tessuti del cuore dei primi animali sacrificati era 81 volte superiore a quello trovato negli animali di controllo, che non avevano ricevuto alcuna esposizione. Alla fine dell'esperimento, a 72 ore dalla cessazione della polverizzazione, i livelli di mercurio nel cuore erano ancora 6 volte superiori rispetto al gruppo di controllo. I livelli di mercurio nel cervello furono trovati essere più di 4 volte superiori al termine della polverizzazione (0 ore) rispetto al gruppo di controllo, e 2 volte e mezzo dopo 72 ore dal termine della polverizzazione. Appena finita la polverizzazione (0 ore) i livelli di mercurio nel cuore erano 10 volte superiori a quelli nel cervello degli animali esposti.

 

Tre studi di autopsie su umani (Lutz 1996, Drasch 1994, Nylander 1990) hanno provato in studi di autopsie su neonati morti che il mercurio delle otturazioni di amalgama materne è assorbito nel cervello, cuore e reni.

 

 

b. Danni cardiovascolari provocati dal mercurio

 

In 1.000 bambini accidentalmente esposti durante la gestazione al mercurio sono state misurate, all'età di 7 anni, la pressione sanguigna e il battito cardiaco (Sorensen & Grandjean 1999). I valori di pressione sanguigna diastolica e sistolica aumentavano di 13.9 mmHg e 14.6 mmHg in corrispondenza di aumento dei valori di esposizione fetale (misurati sette anni prima) di 1 e 10 mcg/l nel sangue del cordone ombelicale. Secondo gli autori di tale studio, "questi risultati suggeriscono che l'esposizione prenatale al metilmercurio può danneggiare lo sviluppo dell'omeostasi cardiovasculare. La pressione sanguigna nell'infanzia è un importante strumento diagnostico del rischio di ipertensione in seguito nella vita, e l'esposizione al mercurio è un importante potenziale fattori di rischio".

 

Già nel 1861 Kussmaul, che aveva studiato da anni gli effetti di esposizione al mercurio (nei lavoratori esposti e nei pazienti che venivano trattati con mercurio), affermò: "Oltre ad un indebolimento dei muscoli volontari verranno in generale causate disfunzioni cardiache. Forti tachicardie non sono infrequenti fra le vittime di avvelenamento da mercurio".

 

Secondo Rieselman (1930), "una delle più temute consequenze dell'avvelenamento acuto da mercurio è, come ben noto a tutti, un effetto paralizzante sul cuore e sulla circolazione, seguito da ridotta pressione sanguigna e morte". Rieselman esaminò lavoratori esposti al mercurio e trovò danni al muscolo del cuore e alterazioni della regolazione nervosa del sangue. Nel 1938, anche Fellinger e Schweitzer riscontrarono che seri danni vascolari derivavano da esposizioni al mercurio.

 

"Disturbi cardiaci e vascolari sono causati da intossicazioni da mercurio": ciò veniva affermato già nel 1958 da manuali quali il von Oettingen, Intossicazione: una guida alla diagnosi e trattamento clinico.

 

Una importante testimonianza è quella di Kahler (1960), relativamente all'uso del mercurio come diuretico. Sottolineando che gli effetti cardio-tossici dei diuretici di mercurio erano ben noti, Kahler discusse i tentativi di trovare un composto di mercurio che avesse effetti diuretici senza uccidere il paziente come conseguenza dei danni al cuore. Kahler notò che, oltre ai suoi numerosi altri effetti sul corpo, il mercurio causava arresto cardiaco (attacco di cuore), preceduto da anomalie riscontrabili attraverso elettrocardiogramma.

 

Anomalie cardiache e aritmie furono evidenziate in lavoratori dell'industria dei cappelli esposti al mercurio (Granati A, Scavo D, "Reperti elettrocardiografici in operai con intossicazione cronica da mercurio", Folia Medica, luglio 1961; 44: 529-45).

 

Ipertensione e mercurio

Vulliamy (1952) studiò 11 vittime di "acrodinia" (l'acrodinia era diagnosticata principalmente su bambini che erano esposti a vari composti di mercurio, per lo più al calomelano, mercurio cloruroso). Dieci delle 11 vittime avevano elevata pressione sanguigna causata da eccessivo restringimento delle arterie.

 

Warkany e Hubard (1953) notarono che il mercurio sotto forma di calomelano (che allora era usato come applicazione cutanea) causava ipertensione e tachicardia nei bambini.

 

Cheek (1959) dimostrò in esperimenti animali che il mercurio cloruro, insieme con l'adrenalina, fa contrarre le arterie e causava elevata pressione sanguigna.

 

Il gruppo di ricerca del Prof Perry (Università di Washintgon, 1960) iniziò ad investigare il meccanismo col quale il mercurio causa ipertensione (elevata pressione sanguigna). In una serie di articoli scientifici, Perry dimostrò che il mercurio provocava la contrazione dei muscoli lisci nelle pareti delle arterie, causando così ipertensione. Si provò ad osservare gli effetti di varie forme di mercurio e diversi metalli tossici. Il mercurio causava la contrazione dei vasi sanguigni e la susseguente ipertensione entro pochi minuti dall'esposizione. Il mercurio organico (metilmercurio, etilmercurio) invece non causava ciò! E neanche il piombo, neanche in grosse quantità. Nessun altro metallo (argento, rame, bario o vanadio) aveva lo stesso effetto del mercurio inorganico nel causare ipertensione. Fu notato inoltre che il grado di vasocostrizione causato dal mercurio inorganico non era proporzionale alla quantità di mercurio nel sangue (cioè alla dose di mercurio cui il soggetto era esposto) e che il grado di ipertensione era maggiore quando il mercurio era introdotto nelle arterie o nelle vene piuttosto che non attraverso l'apparato digestivo.

 

I risultati delle ricerche del gruppo dell'Università di Washington fu confermata da altri ricercatori: Tomera e Harakal dell'Università di Temple, Solomon e Hollenberg della Scuola Medica di Harvard.

 

Altra evidenza degli effetti del mercurio inorganico sul cuore e sul sistema cardiovascolare fu prodotta dall'Università Roberts in Oklahoma e all'Università della Californa (Rhee e Choi). Questi ricercatori trovarono che dosi acute di mercurio inorganico erano così tossiche per il muscolo del cuore da causare grave ipotensione sistemica. Essi dimostrarono anche che il mercurio inorganico provocava un danno patologico nei tessuti muscolari del cuore, cosa che a sua volta causava una grave diminuzione della funzione del cuore, fino al punto da comportare una drammatica caduta di pressione sanguigna.

 

Già Trakhtenberg nella ex- Unione sovietica aveva dimostrato che basse dosi di mercurio inorganico causavano elevata pressione sanguigna, mentre col prolungarsi dell'esposizione il mercurio causava danno cardiaco ai tessuti con bassa pressione sanguigna.

Il mercurio e disturbi alla funzione elettrica (EKG)

Analisi con elettrocardiogramma (ECG) furono eseguite su 42 persone vittime di avvelenamento da mercurio inorganico (Iraq, 1960). Questo studio, condotto da Dahhan e Orfaly, fu pubblicato sull'American Journal of Cardiology nel 1964. In tutte le 42 vittime furono rilevate alterazioni dei valori ECG, indicazione questa di danno al cuore. Le anomalie erano molto gravi in 6 casi, gravi in 21, moderate in 10 e leggere in 5. Furono anche riscontrate aritmie cardiache, anormale battito dei ventricoli e tachicardia ventricolare.

Queste alterazioni furono attribuite al danno arrecato dal mercurio sul pacemaker del cuore (lo stimolatore cardiaco), sul nodo sinoauricolare, sul sistema di conduzione elettrica del cuore (ischemia miocardiale). Anche il mercurio organico, sebbene non causi problemi di ipertensione, porta a disturbi elettrici nel normale funzionamento del cuore.

 

Il mercurio causa danni al miocardio

Nel 1968 Kleinfeld e Stein (Centro Medico Maimonides e Università di Stato di New York) studiarono gli effetti del mercurio inorganico su tessuti cardiaci di animali, in particolare l'atrio. Essi esposero il tessuto cardiaco a varie concentrazioni di mercurio, nonché ad altri metalli; i risultati furono che il mercurio a basse concentrazioni aumentava la contrazione muscolare del cuore rimpiazzando ioni calcio dai loro normali siti nei tessuti. L'impoverimento di calcio causava l'aumento di contrazione muscolare del cuore. A più elevate concentrazioni, il mercurio inibiva il meccanismo di contrazione, riducendo quindi la funzione muscolare del cuore. Col passare del tempo, i tessuti esposti al mercurio recuperavano solo parzialmente da queste disfunzioni.

 

Nel 1977, John Brake all'Università di Stato della North Carolina espose giovani polli a varie dosi di mercurio inorganico nell'acqua che bevevano. Analisi con elettrocardiogramma (ECG) rivelarono notevoli alterazioni nelle modalità di conduzione del cuore. Furono trovate inoltre alterazioni patologiche nei tessuti del cuore, incluse infiammazione e degenerazione di lipidi. Gli autori conclusero che bassi dosi di mercurio inorganico, se somministrate anche per un breve periodo di tempo, possono causare alterazioni patologiche del sistema cardiovascolare.

 

Sempre nel 1977, due ricercatori giapponesi, Shiraki e Nagashima dell'Università di Tokio, studiarono la patologia trovata nelle vittime umane del morbo di Minamata (che fu causato da prolungata esposizione a elevati livelli di metilmercurio) ed inoltre condussero alcuni esperimenti su animali usando composti di mercurio marcati radioattivamente. Gli autori scoprirono che la patologia che si riscontra nell'intossicazione da metilmercurio era il risultato di danni ai vasi sanguigni e susseguente rifornimento di sangue. Il danno ai tessuti nervosi era la conseguenza di un ridotto flusso sanguigno. Essi riscontrarono nelle vittime un ispessimento delle arterie e un indurimento dei vasi sanguigni nel cervello ed altre arterie nel corpo, nonché formazione di grumi nei casi sanguigni. Le vittime inoltre avevano elevata pressione sanguigna, danni muscolari al cuore e attacchi di cuore.

 

Zhao e Lu (1990) investigarono gli effetti di mercurio inorganico sui muscoli delle pareti dell'aorta, la principale arteria che esce dal cuore. Essi dimostrarono che il mercurio ha un effetto dannoso che poteva essere relazionato al suo effetto di indurimento di arterie e di aumento della pressione sanguigna.

 

Abbiamo già visto che il documento del russo Trakhtenberg "Effetti cronici del mercurio sull'organismo", pubblicato negli USA nel 1974, evidenzia l'accumulo selettivo del mercurio nei tessuti del cuore. Partendo dalla conoscenza che il mercurio si lega prontamente ai siti tiolici (cioè zolfo legato ad atomi di idrogeno) dei tessuti, i ricercatori sovietici investigarono l'azione tossica del mercurio su un'ampia gamma di tessuti, inclusi quelli del sistema cardiovascolare. Essi trovarono che il mercurio causava alterazioni di alcune funzioni cardiache, inclusa l'abilità muscolare della contrazione del cuore e la funzione di regolazione dell'attività cardiaca.


Gli effetti cardiovascolari della esposizione cronica a basse dosi di vapori di mercurio furono esaminati in uno studio clinico-statistico di 656 pazienti. Tale esposizione al mercurio causava aumento dell'incidenza di battito cardiaco veloce, polso irregolare, dolori al petto, palpitazioni cardiache ed elevata pressione sanguigna. La maggior parte dei pazienti con problemi cardiovascolari avevano più di 40 anni, ma una buona percentuale di essi appartenevano al gruppo di età 20–29 anni.

 

Altri 4 studi russi avevano esaminato lavoratori esposti professionalmente a basse dosi di vapori di mercurio: le percentuali di quelli che avevano problemi di pressione elevata o bassa erano 42%, 60%, 44.4% 50% (uomini) e 68% (donne).

 

Trakhtenberg monitorò la risposta cardiaca di conigli esposti a basse dosi di vapori di mercurio e di conigli di controllo con elettrocardiogramma (ECG). Nelle prime 3–4 settimane di esposizione non ci furono alterazioni. Poi si verificò rapido battito cardiaco, e successivamente diminuzione di battito cardiaco. Al terzo mese di esposizione tutti i conigli esposti avevano un battito cardiaco lento e valori anormali di ECG, soprattutto una diminuzione della forza di contrazione.

 

Ulteriori esperimenti di Trakhtenberg dimostrarono che il mercurio bloccava la capacità del cuore di rispondere alla stimolazione del nervo vago (un nervo del cervello che sovrintende al battito del cuore). Fu dimostrato che il mercurio blocca l'azione dell'acetilcolina, il neurotrasmettitore che passa l'impulso nervoso dal nervo vago al cuore. Sia l'acetilcolina che il nervo vago contengono proteine con tioli (zolfo). Quando il mercurio si attacca ai siti tiolici delle proteine dei recettori muscolari del cuore e dell'acetilcolina, il cuore non può ricevere l'impulso elettrico del nervo vago richiesto per la contrazione. Cioè il mercurio blocca i neurotrasmettitori.

 

Uno studio di Jha e Bhatia (Università Jawaharal Nehru in Nuova Delhi, 1980) dimostrò che il mercurio cloruro porta a una riduzione nel flusso sanguigno al cuore, a causa di una contrazione del tessuto muscolare nelle pareti delle arterie coronarie che riforniscono il sangue (vasocostrizione). Come affermato precedentemente, la ricerca scientifica aveva già dimostrato che è il mercurio a causare questa costrizione delle arterie poiché contrae i tessuti muscolari nelle pareti arteriali. La riduzione o il blocco di rifornimento di sangue al cuore è ciò che causa attacchi di angina e di cuore (infarti del miocardio). La contrazione del tessuto muscolare arteriale fu causata dall'interferenza del mercurio con la richiesta attività del sodio e del potassio.

 

Nel 1983 e 1984 Carmignani, dell'Università Cattolica di Roma, e il centro medico dell'Università di Cincinnati, pubblicarono i risultati dei loro studi su animali. Essi monitorarono la pressione sanguigna aortica, il battito cardiaco, l'elettrocardiogramma e il battito nel ventricolo destro del cuore in animali di controllo e in animali esposti a croniche basse dosi di mercurio inorganico. La conclusione presentata in tale studio fu che l'esposizione cronica al mercurio danneggia la funzione cardiovascolare interferendo sia con i meccanismi del corpo che regolano pressione sanguigna che con gli ormoni che regolano l'attività cardiovascolare (dopamina, adrenalina e nonadrenalina). Fu dimostrato che l'esposizione al mercurio aumenta la forza della contrazione muscolare del cuore, causando elevata pressione sanguigna. Queste azioni del mercurio furono spiegate dalla sua capacità di bloccare il passaggio degli ioni calcio nelle cellule muscolari del cuore.

 

Un'ulteriore dimostrazione degli effetti dannosi del mercurio sul sistema cardiovascolare viene dagli esperimenti di laboratorio di Wierzbicki della Scuola Medica di Lodz in Polonia, nel 1983. Fu dimostrato che basse concentrazioni di diversi composti di mercurio acceleravano il processo di coagulazione del sangue. Questo effetto del mercurio sulla formazione di grumi fu poi confermato da uno studio condotto da Kostka (1989).

 

Si ha pochissima documentazione scientifica che possa dare informazioni sui danni arrecati al sistema cardiovascolare dall'esposizione prenatale al mercurio. Uno studio interessante fu condotto da Gale nel 1980. Egli dimostrò che l'esposizione al mercurio elementare di criceti incinte produceva notevole tossicità sui neonati, inclusa un'alta incidenza di anomalie cardiache caratterizzate da dilatazione del cuore, ispessimento e indebolimento delle pareti del cuore. Inoltre il dottor Vimy, dell'Università di Calgary, dimostrò che i feti sono notevolmente esposti al mercurio delle otturazioni dentali delle loro madri.

 

Nel 1980 Orlowski e Mercer pubblicarono i risultati delle loro ricerche su sei vittime del Morbo di Kawasaki (MK), o sindrome del linfonodo mucocutaneo. Essi confrontarono i livelli di mercurio nelle urine dei sei pazienti confrontato con un gruppo di controllo e trovarono che i livelli erano insolitamente elevati nelle sei vittime da MK. Essi notarono anche che le vittime di MK avevano un'alta incidenza di aneurismi delle arterie coronarie del cuore, alterazioni dell'elettrocardiogramma e persino infarti miocardici dovuti al blocco delle arterie coronarie.

 

 

 

 

 

PER ME LA TOSSICITA' DA MERCURIO SI MANIFESTO' CON PROBLEMI CARDIACI

 

di Barbara Cassidy

International DAMS Newsletter, primavera 1997

 

 

Nell'ottobre del 1995, un giorno che ero uscita prima dal lavoro e stavo tornando a casa con la macchina, iniziai a sentirmi estremamente stordita, quasi svenivo. L'area intorno al cuore iniziò a farmi male e il cuore iniziò a battere rapidamente. In qualche modo riuscii a raggiungere casa mia

Mio marito, che è un infermiere, mi misurò il battito cardiaco che era a 140 (contro i normali 80-90). Non ero in grado di parlare e mi potevo muovere con molta fatica. Mi accompagnò all'ospedale. All'ospedale il mio battito cardiaco arrivò addirittura a 170; poiché tutte le altre analisi non mostravano anomalie mi diedero un tranquillante e mi rimandarono a casa, assicurandomi che ciò era dovuto allo stress, non certamente ad un attacco di cuore.

Essendo una donna di 40 anni non ero il tipico candidato per un attacco di cuore e così anche il cardiologo dal quale mi recai disse che tutte le analisi erano normali e che si trattava solo di stress. In seguito fui visitata da un endocrinologo, un neurologo, uno specialista di aritmie, un enterologo. Tutti i risultati erano nella norma. Mi sentivo troppo male per lavorare, non potevo guidare per le vertigini, ma tutti i test erano normali.

 

Un articolo di odontoiatria biologica descriveva i sintomi di intossicazione cronica a basse dosi di mercurio quali quelle provenienti dalle otturazioni di amalgama: rimasi colpita non solo perché la lista comprendeva attacchi di vertigini e palpitazioni del cuore, ma anche mani fredde e viscide, prurito cutaneo, etc. Test allergologici indicarono la mia sensibilità ai metalli (piombo, argento e mercurio). Finalmente avevo trovato "qualcosa".

Feci rimuovere le 7 otturazioni di mercurio in un mese e mezzo, e iniziai un programma di disintossicazione con vitamine e minerali come indicato da "Disintossicazione da mercurio dentale" di Michael e Sam Ziff e di Mats Hansson.

 

Dopo la mia seconda sessione di rimozione iniziai a sentirmi notevolmente meglio e dopo che la rimozione delle amalgame fu completata smisi di avere attacchi di vertigini, sudorazione notturna e palpitazioni del cuore.

 

Ora che sono guarita metto a disposizione la mia storia per i medici e le persone che conosco, così che non capiti loro ciò che è capitato a me a causa della mancanza di informazioni sulla tossicità dell'amalgama.

 

 

FONTI BIBLIOGRAFICHE

 

(1) Brake J, Thaxton P, Hestor PY, "Anomalie cardiovascolari in polli indotte dal mercurio", Arch Environ Contam Toxicol, 6:269-277, 1977

 

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(4) Cheek DB, Wu F, "Effetto di calomelano sull'adrenalina nel sangue nei topi e relazione con i meccanismi nell'intossicazione da mercurio", Arch Dis Childhood, 34:502-504, 1959

 

(5) Dahhan SS, Orfaly H, "Alterazioni dell'elettrocardiogramma nell'intossicazione da mercurio", American J. Cardiology, 14:178-183, Agosto 1964

 

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Monografia D